7 - FORMAZIONE PER “LAICI CRIC” MARZO 2025
a cura dell’Associazione culturale
dom Adriano Gréa
Sentinelle di Dio!
Il mese di Marzo di quest’anno sarà caratterizzato dal cammino di Quaresima in preparazione alla Santa Pasqua che sarà il 20 aprile.
Oltre al percorso liturgico che ci inviterà ad un cammino di conversione attraverso la penitenza, la preghiera e la carità, abbiamo l’occasione di approfondire alcune figure di donne Sante proposte per l’8 marzo con il “Giubileo con le donne Dottori della Chiesa e Patrone d’Europa”.
Inoltre avremo la possibilità di celebrare due Solennità liturgiche che ci ricordano altre due figure importanti per la nostra fede cristiana: il 19 marzo San Giuseppe lo sposo di Maria e il 25 marzo l’Annunciazione del Signore.
Sono tutte testimonianze di “Sentinelle di Dio” che ci possono accompagnare nella nostra spiritualità con il loro esempio, preghiere e insegnamenti.
L’antifona di ingresso di questa terza domenica di Quaresima, nella seconda proposta tratta dal profeta Ezechiele, sottende la parabola evangelica dell’albero del fico: Quando mostrerò la mia santità in voi, "vi radunerò da ogni terra; vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati da tutte le vostre impurità e metterò dentro di voi uno spirito nuovo” ( Ez 36.23-26) ; mentre pone sulle nostre labbra le parole del Salmo responsoriale 102:
“Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia”.
B) - QUARESIMA: A PICCOLI PASSI
Mi sono chiesto spesso perché in certi momenti della vita, magari proprio al termine o all’inizio di esperienze diverse, si senta il desiderio di rallentare, di smettere di correre - oserei quasi dire - di cominciare a contare i passi per assaporarli tutti appieno. Una risposta l’ho sempre sentita sussurrare dal salmo 89 che preghiamo nella salmodia comunitaria e che dice “insegnaci a contare i nostri giorni (potremmo anche dire i nostri passi) e giungeremo alla sapienza del cuore”.
üEcco, forse è proprio quella che cerca di invitarci a cercare quel tempo particolare che porta il nome di QUARESIMA. In quei quaranta giorni abbiamo la possibilità, smettendo di correre ed affannarci ed iniziando a camminare, di giungere ad assaporare “la sapienza del cuore”.
Ma cosa è la sapienza del cuore?
E’ quel tocco finale e delicato, che solo un cuore rasserenato può donare e che consiste sia nel dare sapore alla vita che nel riuscire ad estrarre da essa quella bellezza nascosta in ogni anfratto della nostra esistenza.
In questi anni, nei quali con un gruppo di persone stupende e diverse, abbiamo iniziato a vivere di Cammino (vuoi andando sulla via dei pellegrini da Saint Jean Pied de Port fino a Santiago de Compostela nel periodo estivo, sia calcando la via Francigena o la Via delle Abbazie nei periodi autunnali e primaverili) è questo che ho cercato: la sapienza del cuore. E mi sono accorto che piano piano - passo dopo passo, lentamente come lo è il camminare di ognuno di noi - vieni ad incontrare questo sapore nuovo della vita che talvolta la frenesia e la superficialità alterano o fanno dimenticare.
Non voglio tediarvi con i racconti (e sarebbero tanti) di queste esperienze da Camminatori, ma vorrei solo sottolineare alcune leggi, alcune regole che il Cammino invita a rispettare che possono essere illuminanti anche per poter vivere con intensità la nostra quaresima.
Avere una meta: qual è la tua?
Prima di tutto la legge del Cammino obbliga ed insegna ad avere una meta.
Scontato, potreste dirmi; ma non è così, posso assicurarvelo. Spesso nella nostra vita siamo più dei fuggiaschi che dei pellegrini. Siamo fuggiaschi quando camminiamo perché scappiamo dai vari predatori che abbiamo e che ci inseguono (paure, ansie, nemici fuori e dentro di noi). Mentre siamo e diventiamo pellegrini quando abbiamo mete, meglio ancora se grandi e lontane.
Ed è lì la differenza! - oserei dire.
Non sta tanto nell’arrivare alla meta, quanto proprio nell’averla una meta. Diversamente ci troviamo ad essere come dei tappi di sughero galleggianti sulle onde del mare, sballottati di qua e di là. Certo non essendo pesanti non andremo mai a fondo ma proprio a causa della nostra assenza di direzione, dovuta alla nostra leggerezza, difficilmente approderemo, arriveremo ad un porto!
üQuante volte ci dimentichiamo che la meta della Quaresima è l’incontro con il Cristo morto e risorto e non le tante pratiche di pietà e di penitenza fini a se stesse che spesso rischiano di ingolfarla. Non voglio togliere loro il valore, l’utilità ma solo chiarire meglio che la vera meta è abbracciare il Risorto e crederlo tale, perché se così non fosse “vana è la vostra fede e vane sono le vostre opere” (ci ricorda san Paolo in 1Corinzi 15,12-20)
L’arte del coltivare un desiderio: come stai coltivando il tuo?
Il camminare mi ha insegnato che avere una meta, poi, è apprendere l’arte del coltivare un desiderio. Perseguire una meta, infatti, ci obbliga a non sfarfallare di qua e di là ma a resistere e a credere nei propri passi (perché ogni cambio ed inutile deviazione li si paga con ulteriori passi che spesso sono i più pesanti) senza disdegnare l’affidarsi ad un saggio consiglio (che Dio non ci fa mai mancare).
Solo se sono fedele a quella meta, a quel desiderio allora la vita diviene un’appassionante avventura e si trasforma in nutrimento e non in improvvisazione. Anche quando la nostra vita sembra talvolta monotona, vuota, quasi sospesa nel vuoto, se saremo restati fedeli alla meta allora essa ci apparirà come “una casa pensile in aria sospesa con funi ad una stella” (G. Leopardi).
üEcco allora il senso profondo delle tante pratiche quaresimali (digiuno, elemosina, preghiera): aiutarci a coltivare ed affinare quel desiderio del Risorto che spesso la polvere della pigrizia e la preoccupazione del domani ci nascondono e ci fanno mettere in dubbio.
La vera immagine di sé: sei volto o maschera?
Il Camminare è innanzitutto portare se stessi e solo se stessi. In un mondo che sovente ci mette in relazione attraverso il filo leggero dell’immagine e delle chat o con le metafore spesso ambigue delle emoticon e dei like, il camminare obbliga a portare agli altri la vera immagine di sé. Mi torna in mente la fretta di Maria per “portarsi”, attraversando una regione montuosa, da sua cugina Elisabetta. A questo incontro porta i piedi stanchi e feriti, le gocce di sudore della fronte, la stanchezza delle notti all’addiaccio ma, soprattutto, porterà il Futuro nascosto nel suo grembo che solo il futuro nel grembo di sua cugina potrà riconoscere e per questo sussulterà di gioia.
Il camminare obbliga a raccontarsi e a raccontarsi per quel che siamo realmente. Non porto l’immagine di me (magari perfetta perché ritoccata) ma porto proprio me con i miei segni e i miei sogni (non solo con gli uni o solo con gli altri). Camminare è il modo vero di spostarsi, perché in un mondo che è abituato all’inviare, al messaggiare, allo chattare mi costringe all’impegnativo e più compromettente sforzo di entrare nell’altro dopo essere uscito da me stesso.
üProprio nel cammino quaresimale avremo modo di accostare varie vite più o meno trasparenti con le quali confrontarci. Alcune di queste vite si “sono raccontate” con cruda verità e trasparenza (pensate a Pietro che rinnega, agli altri discepoli che fuggono, a Giuda che tradisce, al centurione sotto la croce che riconosce solo dopo aver visto morire, al cireneo che è trascinato in una storia che conosce a malapena, al ladrone che conquista il paradiso). Altre vite, invece, hanno preferito “raccontarsela” tradendo se stesse e la loro storia (pensate al pavido Pilato, agli urticanti Anna e Caifa, alla folla prezzolata che grida “crocifiggilo”, al ladrone che disprezza perché disprezzato).
Il camminare è pazienza: quanta fretta ma … da cosa scappi?
Il cammino è pazienza: quella pazienza che quotidianamente si scontra con la nostra fretta cieca ed accecante. E’ nella pazienza della notte che sorge il sole ed i suoi timidi raggi squarciano le tenebre; è nella pazienza di nove mesi che la vita nasce e viene alla luce; è nella pazienza di un amore che il primo incontro diviene nei giorni amicizia, poi tenerezza di gesti e parole ed infine promessa e alleanza fedele e generosa.
Dio stesso ci si rivela come paziente e misericordioso (salmo 145) cioè possessore di quella disposizione d’animo ad accettare e a sopportare i disagi e le contrarietà senza gettare mai la spugna, perché l’arrivo potrebbe essere proprio dietro questa ultima pericolosa curva.
E la pazienza si rivela essere il vero antidoto contro l’invidia perché imparo ad accettare i miei ed altrui passi.
üSempre in quello che è il cammino della quaresima abbiamo modo di sperimentare quella pazienza che nella teologia cattolica è definita come la virtù che controlla l'angoscia, la depressione, l'amarezza provocata da inconvenienti, sfortune, dolori e rafforza la volontà di operare il bene.
Camminare o spostarsi?
Infine ogni volta che mi ritrovo a vivere l’esperienza del Camminare insieme, mi viene naturale riflettere sulla differenza che intercorre fra il camminare, appunto, e lo spostarsi.
Il più delle volte nella nostra vita il nostro è più uno spostarsi che un camminare.
Ci SPOSTIAMO: come api che vagano di fiore in fiore alla spasmodica ricerca di soddisfazione ai nostri appetiti, che sono insaziabili. Ci spostiamo nelle amicizie che riusciamo a bruciare velocemente come brucia la paglia aggredita da una fiamma infuocata. Ci spostiamo negli amori, dai quali rifuggiamo quando richiedono troppa quotidianità ed impegno. Ci spostiamo da un posto ad un altro, da una cosa ad un’altra e fatichiamo assai a trovare un nido che ci scaldi e ci accolga.
Ma uno "spostato" può veramente trovare casa ?
CAMMINARE vuol dire aver un luogo da cui si parte – un qualcosa da lasciarsi dietro le spalle – ed un luogo verso cui si tenta di arrivare – la speranza di una sorpresa che si sente di lì a venire. Camminare vuol dire avere la pazienza del passo dopo passo e la costanza e la fiducia che è sempre possibile affrontare le fatiche e superare gli imprevisti. Ma camminare è anche imparare l’umiltà dell’accettare la sconfitta e del riconoscere i propri limiti.
üMi auguro e vi auguro che la nostra quaresima ci aiuti a passare giorno per giorno dallo "spostarci" – che può avvenire con fretta e superficialità – al “camminare” – che non può avvenire se non attraverso la calma (di un Tempo favorevole a noi donato da gustare) e la profondità (di un mistero che ci è sussurrato attraverso la Parola abbondantemente profusa in questo quaranta giorni). Quelle stesse cose che fecero camminare Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, …
Questo salmo penitenziale di Davide lo troviamo ogni venerdì alle Lodi mattutine delle quattro settimane del Salterio, anche nei tempi forti di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, tranne nelle solennità e feste.
Nel mercoledì delle ceneri dà un tono penitenziale e di fiducia nella misericordia divina, per iniziare con sincerità il cammino di conversione e purificazione verso la Pasqua.
Il nostro padre Gaston Fontaine ha composto la seguente orazione da recitare al termine della proclamazione del salmo.
Dio di misericordia e di bontà, fonte
d’innocenza , di santità e di giustizia, ti
preghiamo nel nome di Gesù, tuo Figlio, che porta e toglie il peccato del mondo: purifica i nostri cuori, santifica le nostre anime, rinnovaci nell’intimo con l’azione del tuo Santo Spirito. E la nostra bocca canterà la gioia d’essere salvati, per i secoli dei secoli. Amen.
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(per ascoltare il salmo cliccare sul seguente link)
A) - Sentinelle di Dio!
“Il Giubileo della Speranza del 2025 ha indetto per sabato 8 marzo un pellegrinaggio in alcune Chiese di Roma per far immergere i fedeli in alcune donne sante europee, proclamate dalla Chiesa, Patrone d’Europa e Dottori della Chiesa.
Sono state scelte alcune chiese significative che possano richiamare queste figure di santità, o per il legame con il titolo della chiesa stessa, come nel caso di Santa Brigida a Campo de’ Fiori, oppure per la presenza di reliquie, come a Santa Maria sopra Minerva, dove è presente il corpo di Santa Caterina da Siena. Sant’Agostino, per esempio, ben si presta a richiamare la figura di Santa Teresa Benedetta della Croce, filosofa e martire. Santa Cecilia in Trastevere, per il riferimento alla protettrice dei musicisti, rimanda a Ildegarda di Bingen, che tra le molte arti sviluppò anche la musica, mentre Trinità dei Monti, con il legame alla Francia, può ospitare il ricordo di Santa Teresa di Gesù Bambino. Infine Santa Maria della Vittoria, con l’Estasi di Santa Teresa del Bernini, che richiama alla figura di Santa Teresa d’Avila.”
(https://www.iubilaeum2025.va/it/pellegrinaggio/cammini-giubilari-dentro-roma/Donne-Patrone-Europa-e-Dottori-della-Chiesa.html)
Perché appassionarsi alle “Dottoresse” della Chiesa?
Le risposte sono tante. Certamente le loro riflessioni e opere sono state dei fari nella nostra formazione di credenti trasmettendoci il cuore dell’accostamento e del vivere il mistero nel nostro cammino di credenti. Nello stesso tempo intrecciato a questo, le “Dottoresse della Chiesa” sono figure che oltre ai loro scritti (anzi i loro scritti ne sono specchio: pensiamo a “Storia di un’anima” di Santa Teresa del Bambin Gesù e “il Castello interiore” di Santa Teresa D’Avila) hanno vissuto in prima persona difficoltà, tempeste interiori e provenienti dal mondo esterno e se ne sono fatte carico con dedizione e coraggio facendo dell’Amore la loro più grande forza.
Pensiamo alle numerose sofferenze fisiche di Santa Teresa d’Avila, a quelle di Santa Teresa di Gesù Bambino che morì poi di tubercolosi. Santa Caterina da Siena affrontava seppur con sofferenza con grande resistenza la sua anoressia ascetica e Santa Ildegarda di Bingen soffriva fortissimi mal di testa. Tutte loro non sfuggivano al dolore fisico e interiore ma lo attraversavano. Forti, di quella forza generata dal vivere la fragilità umana fino in fondo.
Appassionate e Fedeli. Il loro misticismo ci fa innamorare.
Pensiamo all’estasi di Santa Teresa D’Avila rappresentata in maniera sublime dall’artista Bernini o all’esperienza mistica precoce di Santa Ildegarda di Bingen. Non pensiamo però che erano isolate dal mondo; Ildegarda di Bingen fu pioniera nella medicina e arte erboristica, nella musica oltre che grande poeta e teologa. Santa Teresa d’Avila scriveva lettere a re, santi e abati e Caterina da Siena non solo corrispondeva con personaggi eminenti, ma ha avuto anche il ruolo di ambasciatrice; accettò di recarsi alla corte papale di Avignone con un gruppo di 23 persone. Caterina, incitava Gregorio XI a trasferire la Santa Sede a Roma e così avvenne Il 17 gennaio 1377.
La loro conoscenza illuminata e la loro appassionata fedeltà le rendevano stelle che continuavano a brillare anche nei cieli più bui. Ognuna di loro ha intessuto una “piccola via” (utilizzando un termine di Santa Teresa del Bambin Gesù) di Amore per Dio e in Dio per il prossimo.
Fu tramandato fino ai giorni nostri il gesto di Santa Caterina che dona il suo mantello ad un povero, simbolo del suo donare se stessa in tutta la sua vita. Santa Teresa D’Avila ricordava che accanto allo spendersi per i poveri bisognava essere loro buoni amici gentili e grati per la loro esistenza. Santa Teresa del Gesù Bambino incarnava bontà e trasmetteva con il sorriso coraggio alle sue consorelle fino alla sua precoce morte.
Erano infaticabili, fondavano conventi, pensiamo a Santa Teresa D’Avila che percorse migliaia di chilometri in tutta la Castiglia, fondando altri quindici monasteri di carmelitane scalze. Predicavano
anche al di fuori del monastero e denunciavano la corruzione e i mali delle loro epoche.
Il convento di Ildegarda fu colpito da interdetto. I suoi scritti provocarono reazioni durissime contro quella che veniva chiamata la “Sibilla tedesca”. Ildegarda venne difesa da Bernardo di Chiaravalle, la maggiore personalità del cristianesimo del XII secolo, e da papa Eugenio III nel concilio di Treviri del 1147. Anzi, la mistica ottenne il permesso, cosa quasi impensabile per una donna all’epoca, di predicare e insegnare in pubblico.
Santa Teresa d’Avila a Siviglia, fu denunciata per due volte all’Inquisizione da parte di monache del convento carmelitano che aveva fondato nella città, accusa che cadde e dovette rivolgersi a Filippo II re di Spagna perché la aiutasse a continuare le riforme dell’ordine Carmelitano.
Sono davvero un faro di cui essere orgogliosi e alle quali ispirarsi, la grandezza nel mandare avanti il proprio cammino negli ideali, il coraggio del Credere in maniera autentica senza sottostare agli ostacoli, sentirsi amati dal Signore e farsi dono a propria volta senza riserve, lasciare impronte per rendere possibili altre nel futuro. Dar voce al sogno di Dio divenendo le sue costellazioni per dar forma ad altre nel futuro.
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PROVOCAZIONI PER IL CONFRONTO PERSONALE
· Le storie di queste sante coraggiose e innamorate di Dio mi ispirano e possono spronarmi nella mia realtà personale anche nelle tempeste interiori?
· Le “Dottoresse” della Chiesa sono anche nell’attualità validi e necessari modelli per la Chiesa?
· A che punto siamo nella partecipazione attiva delle donne nella Chiesa (che molto spesso sono stati "coni d'ombra") e come potrebbe influire positivamente nella società? Penso si potrebbe migliorare qualche aspetto, quale?
· Si sottolineano centinaia di anni trascorsi prima che vengano rivisti i criteri di selezione per giungere all'attribuzione del dottorato al femminile.
6 -FORMAZIONE PER “LAICI CRIC” – FEBBRAIO 2025
a cura dell’Associazione culturale dom Adriano Gréa
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In questo mese di febbraio sono tanti gli spunti di riflessione che ci vengono offerti dalla Liturgia e dalla vita della Chiesa e della nostra comunità religiosa CRIC.
Il mese si apre con la prima domenica dedicata alla 29a GIORNATA MONDIALE DELLA VITA CONSACRATA, voluta da Papa San Giovanni Paolo II nel giorno del 2 FEBBRAIO, festa della Presentazione del Signore. Nella stessa domenica si celebra anche la 47a GIORNATA NAZIONALE PER LA VITA. Inoltre il giorno 11 febbraio, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, si celebra la 33a GIORNATA MONDIALE DEL MALATO.
Verso la fine del mese di febbraio, la nostra comunità religiosa ricorda l’ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI DOM ADRIANO GRÉA, nostro fondatore, amante della Liturgia, in special modo della Liturgia delle Ore.
Per questo motivo vorremmo offrire alla vostra riflessione il TEMA DELLA LITURGIA, partendo dalla SACROSANCTUM CONCILIUM (per l’inizio del mese), per arrivare alla presentazione del PENSIERO DI DOM GRÉA SULLA LITURGIA (fine febbraio).
Le PERLE DI SPIRITUALITÀ saranno incentrate sulla vita, sulla consacrazione, sulla malattia e sulla preghiera dei salmi. Sarà disponibile un video sul salmo 6: preghiera di un ammalato!
Buon cammino!
B) -La liturgia nel mistero della Chiesa nella vita e nelle opere di dom Gréa
“Congregavit nos in unum Christi amor”
(L’amore per Cristo ci ha riunito in un comune amore).
Ecco ciò che conferisce alla liturgia la sua dimensione estetica. Più che da quello che ci inventiamo, la bellezza della liturgia scaturisce dall’iniziativa divina, che spazza via tutte le nostre mediocrità e ci predispone gli uni accanto agli altri in vista di un fine che ci supera.”
Francois Cassingena Trevedy
“L’opera centrale della vita canonica è la liturgia”. Così diceva S. Tommaso d’Aquino dei Canonici Regolari: proprie ordinantur ad cultum divinum (siano strutturati in modo appropriato per l’adorazione di Dio)
Dom Gréa tiene fermamente a questa consegna. Nella sua opera, La Sainte Liturgie, (pubblicato nel 1909) tratta con zelo dell’Ufficio Divino, della Messa, dei tempi, delle persone e dei luoghi consacrati a Dio:
«Dio è lode e canta in sé stesso, nel segreto della sua vita, un inno eterno, che non è altro se non l’espressione stessa delle sue perfezioni nel suo Verbo e il Soffio del suo amore. Quando nella sua sapienza e bontà ha creato l’universo, egli ha donato come un’eco a questo cantico eterno. …
… È alla creatura razionale, fatta a sua immagine, che egli affidava l’incarico di presiedere a questo concerto. … Il Cristo è il Figlio di Dio: essendosi unito alla sua Chiesa l’ha introdotta in Lui nell’eterna alleanza del Padre e del Figlio. Con ciò le concede non più di ripercuotere come un’eco lontana il cantico che è in Dio, ma ve l’associa sostanzialmente, la penetra e l’anima tutta intera del suo Spirito».
Nella sua conferenza indirizzata al Capitolo dei priori (2 aprile 1902), Dom Gréa afferma:
«Fra i compiti ai quali i Canonici Regolari possono dedicarsi secondo il fine della loro vocazione, viene in primo luogo, per la dignità e l’eccellenza, il culto divino».
Che la liturgia sia stato il cuore della vita e dell’opera di Dom Gréa viene affermato anche dal suo successore Dom Delaroche, il quale scriveva qualche mese dopo la morte di Dom Gréa:
«Si può dire che tutta la sua vita e quella che intendeva donare all’istituto fondato da lui non era altro che la vita liturgica elevata alla sua più alta espressione. Penetrato come era dell’eccellenza della preghiera della Chiesa, Dom Gréa vedeva nell’Ufficio divino, l’opus Dei (l’opera di Dio), la prima cosa, la più importante, nella quale non potevano prevalere mai né gli studi, né le relazioni, né le opere. Così con quale fedeltà eroica la praticava in tutta la sua vita, e quale importanza e tempo gli dedicava nel suo istituto!».
La parola di Dom Gréa era la più persuasiva delle iniziazioni alla liturgia … che impartiva ai suoi religiosi… fervore che si ritrova nel suo libro La Sainte Liturgie … libro sempre istruttivo e ricco che dona l’intelligenza del culto divino, aiuta a seguire l’evoluzione liturgica, e fa bene per gli slanci di umanistica tradizionale».
«La preghiera liturgica è il più eccellente omaggio che possiamo rendere a Dio …»
(Dom Gréa)
Il tempo sacro
«Il tempo è la misura delle opere di Dio fuori di sé stesso: le abbraccia tutte nell’eternità e le ordina nel tempo, secondo i disegni della sua sapienza e bontà. Questi disegni si compiono con la manifestazione della misericordia nel suo Figlio, il Verbo incarnato, immolato, glorificato, che unisce al suo sacrificio ed eleva nella gloria tutti gli eletti, cioè la Chiesa sua cara sposa”
“Quaggiù la Chiesa, scelta e associata a questi misteri, percorre il tempo che la conduce all’eternità e per il culto che rende a Dio, celebra nel tempo e misura nella successione del tempo quello che rimane immutabile nell’eternità”.
Nella Sainte Liturgie Dom Gréa offre fra l’altro spunti di ottima teologia liturgica, che conferiscono al libro stesso una freschezza e attualità sorprendenti.
Il terzo libro della Sainte Liturgie comprende sei capitoli e descrive i tempi consacrati a Dio. Il tempo, con le feste che lo scandiscono, permette un contatto vitale con i misteri della redenzione, che nella liturgia sono riproposti con il carattere di eventi attuali.
La riforma del Vaticano II ha cercato, non senza difficoltà e limiti, di recuperare la “sensatezza” del tempo liturgico, fedele al principio di eliminare dalla celebrazione liturgica quegli elementi meno corrispondenti all’intima natura della liturgia, senza tuttavia negare un legittimo mutamento di quegli aspetti che «nel corso dei tempi possono o addirittura devono variare». Questa attenzione alla “sensatezza” del tempo liturgico è l’elemento decisivo per giungere a quella «celebrazione piena, attiva e comunitaria», che normalmente viene sintetizzata come “partecipazione attiva”. La liturgia non può essere compresa senza riferimento al tempo, dato che essa è descrivibile come un succedersi temporale di azioni simbolico-rituali.
Tutti sappiamo che c’è un modo di celebrare il mistero di Cristo nell’arco della settimana, che ha nella domenica il suo fulcro, così come tutti conosciamo che il mistero di Cristo si celebra nel corso dell’anno liturgico, il quale si struttura nei vari cicli e tempi liturgici, e ha il suo cuore nel Triduo pasquale.
Esiste un ritmo giornaliero che nella Liturgia delle ore trova il suo modo proprio di espressione.
Il primo libro della Sainte Liturgie, in cinque capitoli, è dedicato all’Ufficio divino, «la consumazione e il fine di tutte le cose». Il Gréa rileva che l’Ufficio divino, così come ogni lettura proclamata nella liturgia, è per il popolo e in vista del popolo.
Il secondo libro tratta della S. Messa; è diviso in due parti che comprendono tre capitoli. La Messa è il centro di tutta la liturgia. Essa rivela il mistero della Chiesa, il mistero dell’unità del sacerdozio di Cristo comunicato al vescovo, magnificamente espresso nella concelebrazione, mistero dell’unità della Chiesa espresso attraverso la partecipazione dei ministri e del popolo.
Per Dom Gréa la partecipazione del popolo e dei ministri alla liturgia è necessaria affinché la celebrazione liturgica raggiunga pienezza di significato.
Spunti di riflessioni e domande
1- I sacramenti nutrono ancora la vita divina in noi? Quali tentativi poniamo in atto per una nostra fedele e appassionata partecipazione liturgica?
2- Imbeviamo le nostre azioni del nutrimento liturgico attraverso la nostra partecipazione attiva che guida poi i nostri passi nel mondo?
3- Come potremmo rispondere oggi alla visione della Chiesa, suscitata dal fondatore dei Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione, come popolo di Dio? Come ci sentiamo Chiesa?
A) - FEDE E MUSICA SACRA
nella Sacrosanctum Concilium
PREFAZIONE NECESSARIA: cosa è la SACROSANCTUM CONCILIUM?
COSTITUZIONE CONCILIARE SULLA SACRA LITURGIA - 4 DICEMBRE 1963, promulgata da Paolo VI
La Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium sulla Sacra Liturgia è il primo frutto del Concilio Vaticano II. L’unico che tratta della liturgia nella sua globalità in prospettiva teologica e pastorale.
La liturgia si riscopre come “ATTO DI DEPOSSEZIONE” di se’ in favore dell’incontro con l’ “ALTRO”.
Gli obiettivi che si propongono o si suggeriscono rispetto al tema della liturgia in questo testo conciliare sono:
FAR CRESCERE, ADATTARE, UNIRE, RINVIGORIRE, PROMUOVERE (vedi § 1 Proemio).
E’ la Magna Carta del Rinnovamento Liturgico della Chiesa Cattolica.
Nasce sulla scia del rinnovamento liturgico degli inizi del ‘900, specialmente in tema di pastorale, con l’estensione della lingua parlata all’interno della liturgia e l’autonomia concessa alle singole Conferenze Episcopali per altre riforme “locali”.
La Messa, in precedenza in latino aveva allontanato i fedeli. Il cristiano assisteva, ma non sempre capiva. Era importante riavvicinare i fedeli al culto e alla liturgia.
Dei Verbum e Lumen Gentium viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda: la prima inserisce nel mistero pasquale il fondamento della nostra fede, la seconda offre la genuina natura della missione della Chiesa.
Scopo della Riforma non era cambiare i Riti o i Testi, ma rinnovare la mentalità e porre al centro della vita cristiana e della pastorale: IL MISTERO PASQUALE.
Cosa è la liturgia?
E’ la Celebrazione del Mistero di Cristo e particolarmente del suo Mistero Pasquale. In essa, mediante l’Ufficio Sacerdotale di Gesù, con segni, si manifesta e realizza la santificazione degli uomini e viene esercitato il culto pubblico dovuto a Dio.
La costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium è composta ed elabora sette capitoli con relativi argomenti:
CAP. 1 -PRINCIPI GENERALI PER LA RIFORMA E LA PROMOZIONE DELLA SACRA LITURGIA
CAP. 2 -IL MISTERO EUCARISTICO
CAP. 3 -GLI ALTRI SACRAMENTI E I SACRAMENTALI
CAP. 4 -L’UFFICIO DIVINO
CAP. 5 -L’ANNO LITURGICO
CAP. 6 -LA MUSICA SACRA
CAP. 7 -L’ARTE SACRA E LA SACRA SUPPELLETTILE
Noi riprenderemo alcune linee generali e suggestioni scritte all’interno dei suoi capitoli, approfondendo particolarmente il tema della Musica Sacra.
La Liturgia è culmen et fons (alla luce del mistero di Cristo e della Chiesa):
culmine: verso cui tende l’azione;
fonte: la fonte da cui promana la sua energia.
La liturgia è al centro dell’azione della Chiesa. Il risorto è presente quando la Chiesa prega e loda.
Vi è richiesta partecipazione attiva. Ogni nazione celebra nella sua lingua. La celebrazione deve essere un luogo educativo. La Messa è al centro di tutta la vita Cristiana: Universale, Locale dei singoli Fedeli.
Nell’Eucaristia: valore del dono che il Signore Gesù fa di se’.
Vediamo insieme alcuni passaggi dal Cap VI della “Sacrosanctum Concilium” brevemente riassunti:
CAPITOLO VI: LA MUSICA SACRA
Dignità della musica sacra (§112)
Patrimonio di inestimabile valore, che eccelle tra le espressioni dell’arte, il Canto Sacro è stato lodato sia dalla Sacra Scrittura, sia dai Padri, sia dai pontefici. Partendo da Pio X si è sottolineato il compito ministeriale della musica sacra nel culto divino. La Musica Sacra sarà tanto più sacra quanto unita alla Azione Liturgica, sia favorendo l’unanimità (un’anima sola) che arricchendo di solennità i Riti Sacri.
“Perciò il Sacro Concilio, conservando le norme e le prescrizioni e della disciplina e della tradizione ecclesiastica e considerando il fine della Musica Sacra, che è la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli, stabilisce quanto segue:
La liturgia solenne (§113-114)
L’azione liturgica riveste una forma più nobile quando i Divini Uffizi sono solennemente celebrati con il CANTO, i SACRI MINISTRI e la PARTECIPAZIONE ATTIVA DEL POPOLO.
Si conservi il patrimonio della Musica Sacra
Si promuovano le SCHOLAE CANTORUM in specie nelle cattedrali.
Tutta l’assemblea partecipi attivamente.
Formazione musicale (§115)
Si curi la formazione nei Seminari e nei Noviziati, come negli Istituti e nelle Scuole Cattoliche. Preparare maestri destinati alla Musica Sacra.
“Si raccomanda inoltre, dove è possibile, l’erezione di Istituti di Musica Sacra.
Ai musicisti, ai cantori e in primo luogo ai fanciulli si dia anche una vera formazione liturgica”
Canto gregoriano e polifonico (§ 116-117)
Il canto gregoriano è riconosciuto dalla Chiesa come CANTO PROPRIO DELLA LITURGIA ROMANA.
Gli deve essere riservato il posto principale, anche se non si rifiutano altri generi di musica sacra, specialmente polifonica. Curare i testi, ma conviene anche che “si prepari un’edizione che contenga melodie più semplici, ad uso delle chiese più piccole”.
Canti religiosi popolari (§118)
Si promuova il canto religioso popolare, poiché possano risuonare nei “pii sacri esercizi, come pure nelle stesse azioni liturgiche, le voci dei fedeli.
La musica sacra nelle missioni (§119)
“In alcune regioni, specialmente nelle missioni, si trovano popoli con una propria tradizione musicale”. Occorre dare il dovuto riconoscimento alle loro tradizioni per dare a tutti i popoli la possibilità di partecipare in modo attivo, attraverso i loro linguaggi, alle azioni sacre (vedi § 39 e 40)(previo il fatto che nel formularli si ricorra a persone competenti in materia).
Dal CAP II:
§26: “Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è “sacramento dell’unità”, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi.
§27: “….una celebrazione comunitaria caratterizzata dalla presenza e partecipazione attiva dei fedeli….è da preferirsi, per quanto è possibile, alla celebrazioni individuale e quasi privata. Ciò vale soprattutto per la celebrazione della Messa e per l’amministrazione dei Sacramenti.
L’organo e gli strumenti musicali (§120)
E ’necessario dare grande spazio all’organo a canne che eleva gli animi a Dio e alle cose celesti.
Si possono ammettere altri strumenti, se adatti all’uso sacro, alla dignità del tempio e favoriscano l’edificazione dei fedeli.
Missione dei compositori (§ 121)
Compongano melodie che abbiano le caratteristiche della vera musica sacra, adatte alle “Scholae Cantorum”, ma anche alle “Scholae minori” e favoriscano la partecipazione attiva di tutta l’assemblea.
I testi siano scritti attingendo di preferenza alla Sacra Scrittura e alle fonti liturgiche.
PROVOCAZIONI
· Quando partecipo alla santa messa domenicale, la vivo come culmine di una settimana in cui porto le mie gioie e sofferenze (culmen) e come fonte di nuova energia spirituale per una nuova settimana da vivere (fons)?
· La mia presenza nella celebrazione Eucaristica la sento come una “azione liturgica privata” oppure mi sento unito/a a tutta la comunità ecclesiale?
· Il canto nella liturgia, mi aiuta a pregare meglio? Partecipo attivamente sia nel canto che nel dialogo col sacerdote celebrante?
5 – FORMAZIONE PER “LAICI CRIC” – GENNAIO 2025-PARTE 2
a cura dell’Associazione culturale dom Adriano Gréa
In questa seconda parte del mese di gennaio continuiamo il tema della pace tramite il pensiero di Sant’Agostino e alcuni passaggi del discorso di papa Francesco sulla figura di Giorgio La Pira.
SANT’AGOSTINO: ELOGIO DELLA PACE
dal discorso 357
Lode della pace.
1. E` il momento questo di esortare la Carità vostra ad amare la pace secondo tutte le forze di cui il Signore vi fa dono, e a pregare il Signore per la pace. La pace sia la nostra diletta, la nostra amica; possiamo noi vivere, con essa nel cuore, in casta unione, possiamo con lei gustare un riposo pieno di fiducia, un sodalizio senza amarezze. Vi sia con essa indissolubile amicizia. Sia il suo abbraccio pieno di dolcezza. Non è difficile possedere la pace.
Essa è lì, a nostra portata di mano e possiamo possederla senza alcuna fatica. Quelli che amano la pace vanno lodati. Quelli che la odiano non vanno provocati col rimprovero: è meglio cominciare a calmarli con l'insegnamento e con la strategia del silenzio. Chi ama veramente la pace ama anche i nemici della pace.
Amare la pace è possederla.
2. Che cosa buona è amare! Amare è già possedere. E chi non vorrebbe veder crescere ciò che ama? Se vuoi con te pochi partecipi della pace, avrai una pace ben limitata. Ma se vuoi veder crescere questo tuo possesso, aumenta il numero dei possessori…basta che ami la pace, ed essa istantaneamente è con te. La pace è un bene del cuore e si comunica agli amici, ma non come il pane. Se vuoi distribuire il pane, quanto più numerosi sono quelli per cui lo spezzi, tanto meno te ne resta da dare. La pace invece è simile al pane del miracolo che cresceva nelle mani dei discepoli mentre lo spezzavano e lo distribuivano.
Comunicare la pace.
3. E intanto abbiate la pace tra voi, fratelli. Se volete attirare gli altri alla pace, abbiatela voi per primi; siate voi anzitutto saldi nella pace. Per infiammarne gli altri dovete averne voi, all'interno, il lume acceso.
E tu, amico della pace, rifletti, e gusta per primo l'incanto della tua diletta. Ardi d'amore tu, così sarai in grado di attirare un altro allo stesso amore, in modo che egli veda ciò che tu vedi, ami ciò che tu ami, possegga ciò che tu possiedi. E` come se ti parlasse la pace, la tua diletta, e ti dicesse: Amami e mi avrai sempre. Attira qui ad amarmi tutti quelli che puoi: per un amore casto, integro e permanente; attira tutti quelli che puoi. Essi mi troveranno, mi possederanno, troveranno in me la loro gioia. Come non si altera la luce per quanti siano quelli che ne godono, così, anche se sono numerosi quelli che mi amano, non mi alterano.
Giorgio La Pira
testimone del vangelo e profeta dei tempi moderni
“In un momento in cui la complessità della vita politica italiana e internazionale necessita di fedeli laici e di statisti di alto spessore umano e cristiano per il servizio al bene comune, è importante riscoprire Giorgio La Pira, figura esemplare per la Chiesa e per il mondo contemporaneo. Egli fu un entusiasta testimone del Vangelo e un profeta dei tempi moderni; i suoi atteggiamenti erano sempre ispirati da un’ottica cristiana... Si impegnò altresì in un grande programma di promozione della pace sociale e internazionale, con l’organizzazione di convegni internazionali “per la pace e la civiltà cristiana” e con vibranti appelli contro la guerra nucleare…
Cari amici, vi incoraggio a mantenere vivo e a diffondere il patrimonio di azione ecclesiale e sociale del Venerabile Giorgio La Pira; in particolare la sua testimonianza integrale di fede, l’amore per i poveri e gli emarginati, il lavoro per la pace, l’attuazione del messaggio sociale della Chiesa e la grande fedeltà alle indicazioni cattoliche...
Il suo esempio è prezioso specialmente per quanti operano nel settore pubblico, i quali sono chiamati ad essere vigilanti verso quelle situazioni negative che San Giovanni Paolo II ha definito «strutture di peccato» (cfr Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 36). Esse sono la somma di fattori che agiscono in senso contrario alla realizzazione del bene comune e al rispetto della dignità della persona. Si cede a tali tentazioni quando, ad esempio, si ricerca l’esclusivo profitto personale o di un gruppo piuttosto che l’interesse di tutti; quando il clientelismo prevarica sulla giustizia; quando l’eccessivo attaccamento al potere sbarra di fatto il ricambio generazionale e l’accesso alle nuove leve. Come diceva Giorgio La Pira: «la politica è un impegno di umanità e di santità». È quindi una via esigente di servizio e di responsabilità per i fedeli laici, chiamati ad animare cristianamente le realtà temporali, come insegna il Concilio Vaticano II (cfr Decr. sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem, 4)…
Vi esorto pertanto a valorizzare le virtù umane e cristiane che fanno parte del patrimonio ideale e anche spirituale del Venerabile Giorgio La Pira. Così potrete, nei territori in cui vivete, essere operatori di pace, artefici di giustizia, testimoni di solidarietà e carità; essere fermento di valori evangelici nella società, specialmente nell’ambito della cultura e della politica; potrete rinnovare l’entusiasmo di spendersi per gli altri, donando loro gioia e speranza. Nel suo discorso, il vostro presidente per due volte ha detto la parola “primavera”: oggi ci vuole una “primavera”. Oggi ci vogliono profeti di speranza, profeti di santità, che non abbiano paura di sporcarsi le mani, per lavorare e andare avanti. Oggi ci vogliono “rondini”: siate voi”.
Dal discorso del Santo padre Francesco ai membri della fondazione "Giorgio La Pira"
23 novembre 2018
4 - FORMAZIONE PER “LAICI CRIC” – GENNAIO 2025
a cura dell’Associazione culturale dom Adriano Gréa
* * *
Iniziamo un anno nuovo con il primo mese dedicato alla pace.
Come suggerito da papa Francesco sarebbe bello riprendere in mano alcuni documenti del Concilio vaticano II per riviverli nel nostro contesto sociale di oggi.
Uno spunto, dunque lo prendiamo dalla Costituzione pastorale sulla chiesa nel mondo contemporaneo “Gaudium et spes” di San Paolo VI. Al Capitolo V si tratta del tema della pace. Abbiamo scelto alcuni passaggi importanti.
Inoltre vogliamo attualizzare questo messaggio con le parole del Cardinal Matteo Maria Zuppi, promotore di iniziative e accordi sulla pace in Ucraina e in altri paesi in guerra.
Le “perle di spiritualità” saranno un invito a meditare anche noi sulla pace con brevi testi scelti tra scrittori e poeti di tutto il mondo che hanno vissuto e scritto a favore della pace nel mondo. Proponiamo anche un breve video sul salmo 122, commentato dal card. Ravasi come invito a pregare per la pace.
GAUDIUM ET SPES - CAPITOLO V
LA PROMOZIONE DELLA PACE E LA COMUNITÀ DELLE NAZIONI
Nella quarta Costituzione pastorale del Vaticano II “Gaudium et Spes” al capitolo V si parla in maniera approfondita della pace.
In questo capitolo si fa riferimento al messaggio evangelico che proclama beati i promotori della pace, «perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9).
Nell’introduzione si legge che il Concilio condanna l'inumanità della guerra e intende rivolgere un ardente appello ai cristiani, affinché “con l'aiuto di Cristo, autore della pace, collaborino con tutti per stabilire tra gli uomini una pace fondata sulla giustizia e sull'amore”.
Riportiamo di seguito alcuni passaggi della Gaudium et Spes che trattano della pace.
78 – La natura della pace.
“…La pace non è mai qualcosa di raggiunto una volta per tutte, ma è un edificio da costruirsi continuamente... La ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri popoli e la loro dignità, e l'assidua pratica della fratellanza umana sono assolutamente necessarie per la costruzione della pace. In tal modo la pace è frutto anche dell'amore, il quale va oltre quanto può apportare la semplice giustizia.
La pace terrena, che nasce dall'amore del prossimo, è essa stessa immagine ed effetto della pace di Cristo che promana dal Padre. Il Figlio incarnato infatti, principe della pace, per mezzo della sua croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio; ristabilendo l'unità di tutti in un solo popolo e in un solo corpo, ha ucciso nella sua carne l'odio e, nella gloria della sua risurrezione, ha diffuso lo Spirito di amore nel cuore degli uomini.
Pertanto tutti i cristiani sono chiamati con insistenza a praticare la verità nell'amore (Ef 4,15) e ad unirsi a tutti gli uomini sinceramente amanti della pace per implorarla dal cielo e per attuarla...
…Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo; ma in quanto riescono, uniti nell'amore, a vincere il peccato essi vincono anche la violenza, fino alla realizzazione di quella parola divina «Con le loro spade costruiranno aratri e falci con le loro lance; nessun popolo prenderà più le armi contro un altro popolo, né si eserciteranno più per la guerra» (Is 2,4)”.
79. Il dovere di mitigare l'inumanità della guerra.
“…Ogni giorno in qualche punto della terra la guerra continua a produrre le sue devastazioni. Anzi dal momento che in essa si fa uso di armi scientifiche di ogni genere, la sua atrocità minaccia di condurre i combattenti ad una barbarie di gran lunga superiore a quella dei tempi passati. La complessità inoltre delle odierne situazioni e la intricata rete delle relazioni internazionali fanno sì che vengano portate in lungo, con nuovi metodi insidiosi e sovversivi, guerre più o meno larvate. In molti casi il ricorso ai sistemi del terrorismo è considerato anch'esso una nuova forma di guerra”.
82. La condanna assoluta della guerra e l'azione internazionale per evitarla
“…Dobbiamo con ogni impegno sforzarci per preparare quel tempo nel quale, mediante l'accordo delle nazioni, si potrà interdire del tutto qualsiasi ricorso alla guerra...
Pertanto tutti debbono impegnarsi con alacrità per far cessare finalmente la corsa agli armamenti. Perché la riduzione degli armamenti incominci realmente, non deve certo essere fatta in modo unilaterale, ma con uguale ritmo da una parte e dall'altra, in base ad accordi comuni e con l'adozione di efficaci garanzie.
…Va incoraggiata la buona volontà di tanti che pur gravati dalle ingenti preoccupazioni del loro altissimo ufficio…si danno da fare in ogni modo per eliminare la guerra…Bisogna rivolgere incessanti preghiere a Dio affinché dia loro la forza di intraprendere con perseveranza e condurre a termine con coraggio quest'opera del più grande amore per gli uomini, per mezzo della quale si costruisce virilmente l'edificio della pace. Tale opera esige oggi certamente che essi dilatino la loro mente e il loro cuore al di là dei confini della propria nazione, deponendo ogni egoismo nazionale ed ogni ambizione di supremazia su altre nazioni, e nutrendo invece un profondo rispetto verso tutta l'umanità, avviata ormai così faticosamente verso una maggiore unità”.
Concludiamo queste citazione sottolineando che è inutile che ci si adoperi con tenacia “a costruire la pace, finché sentimenti di ostilità, di disprezzo e di diffidenza, odi razziali e ostinate ideologie dividono gli uomini, ponendoli gli uni contro gli altri… Di qui la estrema, urgente necessità di una rinnovata educazione degli animi e di un nuovo orientamento nell'opinione pubblica”.
A questo punto la Costituzione prosegue rivolgendosi agli educatori e a coloro che contribuiscono alla formazione della pubblica opinione, invitandoli a infondere negli animi delle persone sentimenti nuovi, ispiratori di pace. Ed esorta ciascuno di noi ad “adoperarsi per mutare il suo cuore, aprendo gli occhi sul mondo intero e su tutte quelle cose che gli uomini possono compiere insieme per condurre l'umanità verso un migliore destino”.
E’ importante, infine, che la Chiesa di Cristo non cessi di nutrire la più ferma speranza negli uomini della nostra età ai quali essa intende presentare con insistenza il messaggio degli apostoli: “Ecco ora il tempo favorevole” per trasformare i cuori, “ecco ora i giorni della salvezza”.
Testimonianza e pensiero sulla pace
del Cardinal Matteo Maria Zuppi
Camminiamo insieme per la pace
Che cos’è per voi la pace? Ve lo siete mai chiesto? Sembra una domanda banale, ma la sua risposta non è affatto scontata.
Pace è rispettare ogni diversità e ogni uomo. Pace è regalare un sorriso a chi ne ha bisogno. Pace è volere bene alla propria famiglia e ai propri amici. Pace è ascoltare e incontrare l’altro, senza paura. Pace è libertà e amore verso il mondo. Pace è credere nel futuro del pianeta.
Non esiste un unico modo per rappresentarla, ognuno la interpreta arricchendola di significati diversi, ma esiste un denominatore comune a tutte le sue definizioni, cioè che la pace è l’equilibrio che tiene in piedi il mondo ed è ciò a cui tutti ambiamo nelle nostre vite.
Il periodo di incertezza che ha contraddistinto, e sta ancora contraddistinguendo, la realtà degli ultimi anni ha rivelato le fragilità dell’essere umano, così infinitamente piccolo di fronte alla potenza delle dinamiche che reggono l’universo. Per la prima volta dopo anni è venuta a mancare la pace nel senso più ampio del termine: pace politica, pace sociale, pace spirituale.
E come si combatte l’assenza di pace? La risposta è una sola: con la pace stessa.
Pace, vita, speranza, come insegna il messaggio della Chiesa, sono i pilastri su cui si sorregge un’esistenza serena, dove ognuno svolge il proprio ruolo attivo nel raggiungimento del bene comune. Dove ciascuno piange con tutti, si prende cura di tutti, cerca di risollevare tutti. In poche parole, dove ogni persona è rispettata e si impegna a dare attuazione concreta alle parole fratellanza, uguaglianza, altruismo.
Ricercare la pace necessita un cambiamento di mentalità, a partire dall’imparare ad arginare i piccoli scogli quotidiani che tutti ci troviamo a fronteggiare. Come è possibile perseguire la pace del mondo se, prima di tutto, non si riesce a raggiungere un proprio equilibrio spirituale o non ci si riesce ad approcciare con amore al partner, ai figli, ai genitori, ai colleghi, agli amici? Come è possibile lavorare alla pace se si fatica a dimenticare un torto subito o si sposta lo sguardo da un’altra parte di fronte a un’ingiustizia?
Il segreto della pace risiede dentro di noi e ognuno, come una ruota di un ingranaggio più complesso, deve lavorare al raggiungimento della pace di tutto l’insieme. Porre un mattone dopo l’altro, nella costruzione di un edificio la cui stabilità è data dalla forza di tutti. La pace è un dono che riceviamo e che va custodito e offerto a tutti.
Combattere l’odio apre le porte alla pace. Lottare contro l’egoismo, l’individualismo, le prevaricazioni spalanca ancora di più la soglia. Far sentire la propria voce davanti alla violenza e alla cattiveria abbatte gli ultimi cardini.
Come afferma Papa Francesco, esistono tre vie per la pace che abbracciano tutte le persone: il dialogo tra le generazioni, per favorire lo scambio di opinioni tra giovani e anziani e contro ogni distanziamento; l’educazione, indispensabile per la libertà, la responsabilità e lo sviluppo; il lavoro, fondamentale per lo sviluppo dell’uomo e per accrescere il senso di giustizia e solidarietà.
Ma quello della pace è un concetto trasversale che va al di là della religione e che coinvolge ogni essere umano. Bambini e adulti, cristiani e musulmani, svedesi e sudafricani, e così essere fratelli tutti nella casa comune che abitiamo insieme.
Diventiamo tutti operatori e artigiani di pace, non arrendiamoci di fronte alle difficoltà. Ogni più piccolo gesto può farsi motore del cambiamento per un mondo più equo. Prendiamoci tutti per mano e camminiamo insieme per la pace, passo dopo passo, guardando nella stessa direzione. Una direzione fatta di luce e speranza che ci guida verso il bene.
Questo è il mio augurio per voi. Iniziate da subito a fare la vostra parte perché è proprio ogni piccolo gesto che può fare la differenza. Uniti, per un mondo di pace.
(Tratto dal Sito: Antoniano, opere francescane)
PROVOCAZIONI PER IL CONFRONTO PERSONALE
•Che cos’è per te la pace?
•Le parole che usi diffondono e portano pace, armonia e serenità, oppure discordia, pettegolezzo, maldicenza, offesa, calunnia…?
•Cosa puoi fare nella tua vita quotidiana per essere portatore e “artigiano” di pace?
3 - FORMAZIONE PER I “LAICI CRIC” – DICEMBRE 2024
A cura dell’Associazione culturale dom Adriano Gréa
* * *
In questo mese saremo avvolti da diversi eventi attraverso la liturgia e la vita della Chiesa.
Innanzitutto domenica 1 dicembre inizia l’Avvento, un cammino di conversione continua in preparazione al santo Natale.
Nella seconda domenica di Avvento avremo la coincidenza con la Solennità dell’ Immacolata, patrona della nostra Congregazione e di alcune nostre parrocchie. Infine, alla vigilia del Natale si aprirà l’Anno Santo con il tema della speranza che ci invita a farci pellegrini di speranza! E’ un mese, dunque, ricco di occasioni di meditazione e di confronto con la Parola di Dio. Per questo il tema centrale che proporremo sarà sulla speranza come la descrive la “Bolla di indizione” dell’Anno Santo che Papa Francesco ci ha donato !
La figura di Maria sarà lo spunto per alcune “perle di spiritualità” che faranno da contorno a questo cammino, mentre l’ascolto del Salmo 25 con il commento del cardinal Ravasi aprirà questo percorso di esperienza spirituale!
“SPES NON CONFUNDIT” (Rm 5,5)
Dalla Bolla di indizione del Giubileo Ordinario
dell'Anno 2025
Il Giubileo ha origine dalla tradizione ebraica che fissava, ogni 50 anni, un anno “in più”, destinato a ristabilire il corretto rapporto nei confronti di Dio, tra le persone e con la creazione, per la remissione dei debiti, la restituzione dei terreni confiscati, il riposo della terra allo scopo di renderla più ricettiva alle successive coltivazioni, la liberazione degli schiavi. L’inizio del Giubileo veniva segnalato suonando un corno di ariete, in ebraico yobel, il cui suono annunciava il Giorno dell’Espiazione (Yom Kippur). Dal nome di questo strumento deriva il termine cristiano Giubileo. Nella Bibbia ne viene data una puntuale descrizione in Levitico 25:8-13. Nel Vangelo secondo Luca, il Profeta Isaia descrive la missione di Gesù in modo analogo: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19; cfr. Is 61,1-2). Nella Chiesa cattolica, il Giubileo (o Anno Santo) è il periodo durante il quale il Papa concede l’indulgenza plenaria ai fedeli che si recano a Roma e compiono particolari pratiche religiose.
Il primo Giubileo, chiamato anche “Anno Santo”, fu indetto da Bonifacio VIII nel 1300. La cadenza degli anni giubilari non è stata costante. Originariamente il Giubileo si realizzava ogni 100 anni, poi ridotto alla metà e a 25 anni da Paolo II (a. 1470). Non sono mancati anche Giubilei straordinari, come, nel 1933, quando Pio XI ha ricordato l’anniversario della Redenzione o nel 2015 quando Papa Francesco ha indetto l’Anno della Misericordia. Le modalità di celebrazione sono mutate nel tempo. Originariamente era prevista la visita alle Basiliche romane di S. Pietro e S. Paolo, poi il pellegrinaggio, quindi altri segni, quale la Porta Santa. Partecipando all’Anno Santo si vive l’indulgenza plenaria.
Ogni Giubileo viene proclamato tramite la pubblicazione di una Bolla Papale (o Bolla Pontificia) d’Indizione. Essa è un documento ufficiale, generalmente scritto in latino, con il sigillo del Papa, la forma del quale dà nome al documento stesso. Originariamente il sigillo in piombo recava sul fronte l’immagine dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, sul retro il nome del Pontefice, successivamente il sigillo metallico è stato sostituito da un timbro d’inchiostro, ma è rimasto immutato l’uso, riservato ai documenti di maggiore rilievo. Ogni Bolla è identificata dalle sue parole iniziali. La Bolla di indizione del Giubileo reca l’indicazione delle date d’inizio e termine dell’Anno Santo, solitamente viene emanata l’anno precedente, in coincidenza con la Solennità dell’Ascensione. L’indulgenza, dono senza prezzo della misericordia divina, è uno dei “segni” peculiari di tutti gli Anni giubilari.
Per il Giubileo del 2025, il 9 maggio 2024 Papa Francesco ha letto la Bolla di Indizione del Giubileo che si apre alla luce dell’espressione di San Paolo “Spes non confundit” -ovvero la speranza non delude- durante la cerimonia di consegna nell’atrio della Basilica di San Pietro in Vaticano. Nella Bolla il Santo Padre considera la profonda unità che intercorre tra le tre “sorelle”, il trittico delle virtù teologali, la Fede, la Carità, la Speranza, che esprimono l’essenza della vita cristiana, facendo di quest’ultima la sua prediletta e definisce l’indulgenza «una grazia giubilare» che «permette di scoprire quanto sia illimitata la misericordia di Dio». Il 13 maggio 2024, per volontà del Santo Padre, la Penitenzieria Apostolica ha elaborato e reso note le Norme sulla concessione dell’Indulgenza durante il Giubileo 2025. Con tali norme si «intende spronare gli animi dei fedeli a desiderare e alimentare il pio desiderio di ottenere l’indulgenza». Il Giubileo del 2025 rappresenta quindi una straordinaria occasione per rianimare la speranza (n. 1). Nel momento storico attuale, in cui “immemore dei drammi del passato, l’umanità è sottoposta a una nuova e difficile prova che vede tante popolazioni oppresse dalla brutalità della violenza” (Spes non confundit, 8), tutti i cristiani sono chiamati a farsi pellegrini di speranza. Si tratta di un annuncio rivolto a tutti perché “Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene” (n. 1).
Uno degli aspetti più originali propri di Spes non confundit consiste nella presentazione dell’evento giubilare nell’unità fondamentale dell’annuncio della Speranza e dei segni che ne rendono evidente e concreto il contenuto. Tale scelta non è casuale, rinviando al pensiero della Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II sulla Rivelazione Dei Verbum (18 novembre 1965). Da questa unità scaturiscono due peculiari conseguenze. La prima consiste nel fatto che il richiamo ai segni rende visibile e tangibile l’annuncio della speranza, sempre difficile da definire. La seconda consiste nell’avvicinare il mondo contemporaneo attraverso l’uso di un linguaggio più comprensibile. Questa attività diviene per la Chiesa tanto più urgente osservando che la cultura attuale presenta alcuni tratti caratteristici in cui l’immagine diventa il punto di riferimento privilegiato nella comunicazione.
Come già affermava il Concilio Vaticano II: «è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche” (Gaudium et Spes, n.4). Se è vero che la speranza va attinta nella grazia di Dio e nella pienezza della Sua misericordia, i segni dei tempi racchiudono “l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio” e anelano ad essere trasformati in segni di speranza (Spes non confundit, 7).
La Bolla ci indica quali siano questi segni che danno contenuto e realizzazione alla speranza: la pace; la trasmissione della vita; i detenuti per i quali il Papa intende aprire perfino una “Porta Santa” all’interno di un carcere “perché sia per loro un simbolo che invita a guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita” (n. 10); il richiamo a tutti i Vescovi perché si facciano portavoce contro la pena di morte; i giovani e gli anziani; gli ammalati, i profughi, i migranti e i rifugiati, le attese dei quali “non siano vanificate da pregiudizi e chiusure; l’accoglienza, che spalanca le braccia ad ognuno secondo la sua dignità, si accompagni con la responsabilità, affinché a nessuno sia negato il diritto di costruire un futuro migliore” (n. 13). Gli “appelli” che il Papa rivolge in Spes non confundit possono essere interpretati come ulteriori segni di speranza che richiedono l’impegno di tutti perché il creato sia rispettato e conservato nella sua interezza. Così pure sono segni il richiamo per “condonare i debiti” di Paesi che mai potrebbero ripagarli, ritenendo questo atto espressione di giustizia prima che di magnanimità; l’appello per l’unità dei cristiani nella ricorrenza dei 1700 anni del primo concilio a Nicea.
Riguardo il tema del perdono e dell’indulgenza, che è il primo contenuto del Giubileo, la Bolla Spes non confundit offre un’originale chiave di lettura, affermando: “Perdonare non cambia il passato, non può modificare ciò che è già avvenuto; e, tuttavia, il perdono può permettere di cambiare il futuro e di vivere in modo diverso, senza rancore, livore e vendetta. Il futuro rischiarato dal perdono consente di leggere il passato con occhi diversi, più sereni, seppure ancora solcati da lacrime” (n. 23). Alcuni tratti della cultura attuale rivelano, purtroppo, una difficoltà crescente nei confronti del perdono ed una preoccupante inclinazione alla vendetta e al rancore. Sentimenti questi che non portano alla speranza, ma alla disperazione, perché impediscono di raggiungere la felicità.
Un’ultima considerazione agevola la comprensione della Bolla giubilare: la Speranza è la grande dimenticata. L’attenzione pure necessaria alla Fede e alla Carità può lasciare in secondo piano contenuti decisivi, primo fra tutti quello della salvezza portata da Cristo e quello della promessa della vita eterna. Papa Francesco ha ripreso questi temi affermando: “In virtù della speranza nella quale siamo stati salvati, guardando al tempo che scorre, abbiamo la certezza che la storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della gloria. Viviamo dunque nell’attesa del suo ritorno e nella speranza di vivere per sempre in Lui” (n. 19). In tal senso viene ripreso un tema fondamentale della fede e della speranza cristiana già proposto dal Concilio Vaticano II (Lumen Gentium, 21). La Bolla si sofferma su questo tema e pone i grandi interrogativi che spesso sorgono dal profondo del cuore di ogni uomo, non sempre trovando risposte adeguate. Per esempio, dinanzi alla morte delle persone che si amano, ci si chiede dove possano essere e in quale luogo; se c’è veramente una vita dopo la morte e di come sia; quale sia il giudizio di Dio per ognuno di noi. Papa Francesco così risponde: “Cosa sarà dunque di noi dopo la morte? Con Gesù al di là di questa soglia c’è la vita eterna, che consiste nella comunione piena con Dio, nella contemplazione e partecipazione del suo amore infinito. Quanto adesso viviamo nella speranza, allora lo vedremo nella realtà” (n. 21). Nella Bolla Papa Francesco offre un percorso delineato dai sottotitoli riportati. L’intenzione, anzitutto, è offrire “Una parola di speranza”, poi si delinea “Un cammino di speranza” che si concretizza presentando alcuni “Segni di speranza”. In questo momento storico ove sembra prevalere un rifiuto della speranza, il Papa sente l’esigenza di compiere “Appelli per la speranza” rivolti soprattutto a coloro che detengono le sorti dell’umanità. L’appello finale, “Ancorati alla speranza”, è rappresentato nel logo del Giubileo, coerente con l’immagine che sostiene la vita credente: a nessuno è consentito sperare da solo, ma sempre e solo insieme, nella solidarietà e fraternità che tutti abbraccia alla croce di Cristo, vera àncora di speranza.
PROVOCAZIONI PER IL CONFRONTO PERSONALE
Sono consapevole della grande opportunità concessa dal Giubileo 2025?
Come intendo vivere con pienezza questo Giubileo, con quali azioni?
Salmo 25(24)
La prima domenica di avvento inizia, con il “canto di ingresso”, con “l’incipit” di questo salmo 25:
A Te, Signore, innalzo l’anima mia.
Scorrendo questa preghiera ritroveremo tutto ciò che “pregheremo” nel corso del nuovo anno:
* “Mio Dio, in Te confido”;
* “per la Tu bontà ricordati della Tua amicizia”;
* “non ricordare i peccati della mia giovinezza”;
* “perdona il mio peccato anche se è grave”;
* “Fammi conoscere, Signore, le Tue vie”;
* “Guidami nella Tua verità e istruiscimi”;
* “non sia confuso il mio cuore”.
Quante volte, nel corso del trascorso anno, abbiamo rivolto al Padre alcune di queste preghiere e, nel corso del nuovo anno, sicuramente torneremo a rivolgerle secondo gli eventi che ci colpiranno.
Allora, ricorderemo al Padre alcune di invocazioni di questa preghiera:
* Ricordati, Signore, del Tuo amore, della Tua fedeltà.
Per meglio meditare questo salmo vi proponiamo, per questo Avvento, un video con il commento del card Gianfranco Ravasi sul salmo 25 e la proclamazione del testo dello stesso salmo.
Buona fine di questo anno con la preghiera che il Signore Gesù ci ha insegnato e racchiude nelle due ultime invocazioni una parte della preghiera del salmo
2 - FORMAZIONE PER “LAICI CRIC” – NOVEMBRE 2024
a cura dell’Associazione culturale dom Adriano Gréa
* * *
Il mese di novembre è dedicato ai Santi e ai nostri cari defunti.
Infatti si apre il 1° novembre con la solennità di OGNISSANTI, cioè si ricordano tutti i Santi del calendario cattolico, seguito il 2 novembre con la commemorazione di tutti i defunti.
Per noi Canonici regolari della Confederazione dei CRSA è un mese ancora più importante per il fatto che 8 giorni dopo la festa dei Santi anche noi ricordiamo i nostri Santi dell’Ordine Canonicale e precisamente l’8 novembre con una liturgia propria del nostro “Ordo Canonicorum”.
Inoltre il 13 novembre 2024 ricorrono 1670 anni dalla nascita di Sant’Agostino, nostro Padre. Per questo motivo nel secondo mese di “Formazione per laici CRIC”, vogliamo condividere alcuni pensieri di vari autori sul tema della santità, affinchè ci accompagnino in tutto questo mese nel nostro cammino verso la santità e una breve biografia di sant’Agostino per conoscerlo sempre meglio.
Buona meditazione!
“Essere santi non è un privilegio di pochi, come se qualcuno avesse avuto una grossa eredità; tutti noi nel Battesimo abbiamo l’eredità
di poter diventare santi amando. La santità è una vocazione per tutti…
La chiamata di Dio ci può raggiungere nella catena di montaggio e in ufficio, nel supermercato, nella tromba delle scale, cioè nei luoghi della vita quotidiana. E' dunque un cammino,
che si deve fare con coraggio, con la speranza e con la disponibilità di ricevere questa grazia. E’ la speranza, sì la speranza”.
Papa Francesco
Santità: scintillanti, luminosi, ardenti…
"È necessario che la vita di Gesù cresca in noi, che si innesti sulla nostra vita,
è necessario che i suoi pensieri siano i nostri,
che le sue parole siano le nostre...
Tutto questo è necessario perché operi in noi…"
Dom Adriano Gréa
“La santità non è fatta di pochi gesti eroici, ma di tanto amore quotidiano”. Papa Francesco.
(dipinto John Everett Millais, Ophelia, 1851–1852)
La morte è la curva della strada,
morire è solo non essere visto.
Se ascolto, sento i tuoi passi
esistere come io esisto.
La terra è fatta di cielo.
Non ha nido la menzogna.
Mai nessuno s’è smarrito.
Tutto è verità e passaggio.
Fernando Pessoa
RITRATTO DI SANT’AGOSTINO
In questo mese di novembre approfondiremo la figura di Sant’Agostino d’Ippona, importante per questa nostra piccola “comunità” di laici CRIC perché da lui i Canonici Regolari prendono la Regola di vita, dando forma ad un modo singolare di vita comune per i sacerdoti e non solo.
Per comprendere la portata e la profondità di tale regola partiremo, in questo incontro, nell’approfondire la vita incredibile di questo santo. Capiremo così come sia arrivato a raccomandare a se stesso, ai monaci dell’epoca e a tutti i cristiani di ogni tempo: «Il motivo essenziale per cui vi siete insieme riuniti è che viviate unanimi nella casa e abbiate una sola anima e un sol cuore protesi verso Dio».
CENNI BIOGRAFICI DEL GRANDE SANTO
1. Dall’Africa a Milano
Agostino d’Ippona, fu filosofo, vescovo e teologo, Padre, dottore e santo della Chiesa. Conosciuto col soprannome Doctor Gratiae, “Dottore della Grazia”, visse ben 76 anni, dal 13 novembre 354 d.C. al 28 agosto 430 d.C., in un periodo di cambiamenti veramente epocali, in cui l’Impero romano era un’entità statale in grave crisi.
La vita di Agostino è stata tramandata con grande dettaglio nelle Confessioni (sua biografia personale), nelle Ritrattazioni, che descrivono l'evoluzione del suo pensiero, e nella Vita di Agostino, scritta dal suo amico e discepolo Possidio, che narra l'apostolato del santo e fornisce l'elenco accurato delle sue opere.
Aurelio Agostino nacque in Africa, a Tagaste, nell'odierna Algeria – all’epoca facente parte della provincia romana della Numidia - da Patrizio, impiegato municipale, pagano, e da Monica, casalinga, cristiana, santa. Ebbe un fratello di nome Navigio e una sorella di cui non si conosce il nome. Patrizio non impedì alla moglie di educare cristianamente i figli, però, com'era allora prassi comune, non fu loro amministrato il battesimo da piccoli. Fu allevato ed educato dai genitori con ogni cura e anche con notevole spesa. A Tagaste compì i primi studi nelle arti liberali (cioè la grammatica, la retorica, la dialettica, l'aritmetica, la geometria, la musica e l'astronomia), e all’età di sedici anni (nel 370), con l'aiuto economico di un amico di famiglia, si trasferì a Cartagine, la metropoli africana dell'epoca, per continuare gli studi superiori. Lì conobbe una ragazza che amò moltissimo e dalla quale fu ugualmente ricambiato. Vissero insieme nella fedeltà, senza mai un tradimento, come sottolinea Agostino stesso nelle Confessioni. E questo nonostante il pessimo esempio del padre, Patrizio, che tradiva pubblicamente la moglie Monica. Tale particolare va tenuto presente, per non continuare a presentare Agostino come un donnaiolo. Dalla relazione con la giovane donna nacque il figlio Adeodato, ragazzo intelligentissimo che morirà all'età di diciassette anni.
Agostino aveva un’intelligenza acuta, una buona memoria, un carattere socievole, uno spirito critico e tutte le qualità e le virtù proprie dei migliori giovani. Ma aveva anche tutti i loro difetti, perché era svogliato nello studio, preferendo marinare la scuola per amore del gioco, vanitoso nel rincorrere elogi, orgoglioso, arrogante verso i compagni fino a usare l'inganno. Agostino visse tutte le crisi esistenziali che investono la mente, il cuore, la fede, la morale, l'interiorità e la socialità dei giovani.
Terminati gli studi, Agostino insegnò retorica prima a Tagaste e poi a Cartagine. A diciannove anni lesse l'opera Ortensio di Cicerone, che lo appassionò allo studio della filosofia. Bramoso di volere spiegazioni razionali che giustificassero la fede, aderì al manicheismo, una setta gnostico-religiosa, che adescava i giovani con false promesse mai mantenute. Agostino vi rimase per nove lunghi anni, durante i quali ebbe un rapporto conflittuale con i manichei. Essi, infatti, non solo eludevano le sue domande sulla fede, ma riuscirono anche a plagiarlo al punto da indurlo ad accettare i loro principi del dualismo e del materialismo. Agostino perse il concetto spirituale di Dio. Uscì dal manicheismo dopo l'incontro deludente col luminare manicheo Fausto, che non seppe rispondere alle sue domande.
Visto che a scuola, nell'esercizio della sua professione, Agostino amava l'ordine e non tollerava i disordini causati da squadre di teppisti, decise di lasciare l'Africa e di andare a insegnare a Roma, dove - si diceva - gli studenti erano più disciplinati. Per attuare questo suo progetto, dovette ingannare la madre che in tutti i modi glielo impediva. A Roma trovò studenti più disciplinati, ma avari. Allora colse l'opportunità di un posto resosi libero a Milano, sede imperiale, e attraverso la mediazione di alcuni amici si trasferì lì. Agostino si portava nell'animo un subbuglio di sentimenti, incertezze, paure, sconforto, dubbi, vaghe speranze e deboli luci che la lettura di nuovi libri di filosofi più spirituali, di matrice neoplatonica, gli andavano accendendo.
2. La svolta dell’incontro con Ambrogio
A Milano Agostino trovò l'ambiente sognato per i suoi desideri di gloria: ottenne la cattedra di insegnamento e divenne oratore di corte. Ma a Milano trovò soprattutto Ambrogio, il celebre vescovo di altissima statura morale, uomo di cultura e di intensa spiritualità di cui aveva sentito parlare. Si mise a frequentare assiduamente le sue catechesi per il gusto di ascoltarlo, ma piano piano l'insegnamento di Ambrogio faceva breccia nel suo animo convincendolo della verità insegnata dalla Sacra Scrittura e dalla Chiesa. Nel frattempo lo raggiunsero a Milano l'indomita madre Monica con la sua donna e il figlio Adeodato. Tutto sembrava ricomporsi, ma si presentò un nuovo grosso problema: con la donna che amava non poteva sposarsi, perché le leggi civili dell’epoca invalidavano il matrimonio tra persone di classi sociali differenti. La donna che amava, infatti, era una plebea. Allora, anche se Agostino non era del tutto convinto, fu persuaso ad accettare il matrimonio con un’altra donna del suo rango sociale, ma era troppo piccola: aveva dieci anni e Agostino trentadue. In attesa che quest’ultima giungesse all'età legale, dodici anni, Agostino tradì per la prima volta la madre di suo figlio, non avendo saputo resistere alla passione. In tutto questo marasma, la ragazza che amava intuì che per Agostino si stava preparando qualcosa di molto grande e, pur col cuore sanguinante, si fece da parte per non essere di ostacolo alla sua vita. Compiendo un atto veramente eroico d’amore, ritornò in Africa e uscì dalla scena per lasciare Agostino totalmente libero. Pure a lui sanguinò il cuore per questa separazione e pianse lacrime amare (anche a causa del suo tradimento).
Dopo la sua partenza, il travaglio interiore raggiunse punte altissime, e prima che la promessa sposa raggiungesse i dodici anni, arrivò Dio con la sua grazia e Agostino si convertì in maniera così radicale, da decidere di abbandonare qualunque carriera di gloria e di donarsi totalmente a Lui. Era l'estate del 386. Lasciò quindi l'insegnamento e si ritirò per prepararsi al battesimo che ricevette insieme al figlio, nella notte della veglia pasquale del 387, a Milano, dalle mani di Ambrogio.
Ricevuto il battesimo, Agostino con il figlio, la madre e gli amici decisero di far ritorno in Africa. Ma a Ostia Monica si ammalò e nel giro di pochi giorni morì all'età di 56 anni. Il suo corpo fu poi trasferito a Roma quando si costruì la chiesa di S. Agostino, e lì si conserva tuttora. Per un anno ancora Agostino si intrattenne a Roma per studiare i costumi dei cristiani e dei monaci.
3. L’inizio di una nuova vita
Nel 388 fece ritorno a Tagaste, alla sua casa natale, dove con gli amici iniziò a vivere una sorta di vita comunitaria religiosa condividendo insieme la preghiera, il lavoro, i pasti. È a Tagaste che prende vita, anche se in forma embrionale, la famosa Regola di Sant’Agostino che divenne la struttura del vivere comune di molti ordini, tra cui l'Ordine Agostiniano nel 1256, e l’Ordine dei Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione nel 1866.
Nel 391, all’età di trentasette anni, Agostino accettò di essere ordinato sacerdote (se pur non ricercasse tale ministero). Si trasferì allora da Tagaste a Ippona per essere d’aiuto al vecchio vescovo Valerio. Ma non volendo abbandonare la sua forma di vita comunitaria, chiese al vescovo di costruire un monastero, detto dei laici, dove vi rimase fino al 395, allorché venne consacrato vescovo. Si trasferì quindi in episcopio, che trasformò in una sorta di monastero, detto dei chierici, dove visse fino alla morte.
Il tempo e l'ambiente ecclesiale e sociale in cui fu chiamato ad operare erano molto complessi perché attraversati da trasformazioni epocali. L'impero romano si sfaldava e la Chiesa era lacerata dallo scisma donatista e da forti insidiose correnti eretiche, quali il pelagianesimo e l'arianesimo. E a fronte non c'era ancora una dottrina teologica ben formata. Per questo su quasi tutti gli spinosi temi di teologia, antropologia, cristologia, ecclesiologia, soteriologia, sacramentaria, morale, mariologia, Agostino si vide coinvolto ad esprimere il suo pensiero come pioniere, non solo dialogando ma anche scrivendo numerosissime opere. Fu un vescovo responsabile preoccupato di nutrire spiritualmente i fedeli con la sana dottrina e difenderli dai sottili errori teologici che ne minavano la fede. Oltre agli impegni dottrinali, sacramentali e pastorali, Agostino doveva provvedere, come tutti i vescovi, anche alle questioni temporali di ordine amministrativo, come il trascorrere le mattinate nella sala delle udienze, incontrando sia la comunità dei religiosi sia le autorità statali.
Per Agostino il sacerdozio fu un servizio svolto con amore, con umiltà, con gratuità e con eroismo. Egli viveva ciò che insegnava, era testimone prima che maestro, credente prima che teologo, pastore prima che pensatore.
Lettore che rumina la Parola di Dio, uomo di preghiera, umile uomo di Dio, testimone della misericordia, innamorato di Dio, ubbidiente figlio della Chiesa, Agostino morì il 28 agosto del 430, mentre Ippona era assediata dai Vandali. Il suo corpo, a motivo dell'invasione vandala, fu trasportato a Cagliari in Sardegna, dove rimase fino al 723. In quell'anno il re longobardo Liutprando lo portò a Pavia nella chiesa di S. Pietro in Ciel d'Oro.
Agostino rimane per la Chiesa e non solo, un uomo straordinario, dono di Dio all’umanità intera, che ci ricorda ancora: «Ama e fai ciò che vuoi», cioè Ama ogni cosa così come l’ha creata e voluta Dio e secondo questo amore ti è concesso fare ciò che vuoi!
PROVOCAZIONI PER IL CONFRONTO PERSONALE
· Come cristiano, vivo la mia fede come una dura legge morale da non trasgredire o come una liberante relazione d’amore con l’umanità e con Dio, da coltivare ogni giorno per il nostro stesso benessere?
· Posso ricordare tutte le volte che Dio si è manifestato nella mia vita con amore misericordioso e mai giudicante?
· Ho mai pensato che, come sant’Agostino, Dio mi chiama alla straordinarietà nell’ordinario?
Santità..
Stai con me, e inizierò a brillare come brilli Tu,
al punto da poter essere una luce per gli altri.
La luce, Gesù, verrà tutta da Te.
Sarai Tu a brillare sugli altri attraverso di me.
Dona luce a loro come a me;
illuminali con me, attraverso di me.
Fa’ che Ti predichi senza predicare –
non con le parole, ma con il mio esempio
e mediante l’influsso empatico di quello che faccio -,
attraverso la mia somiglianza visibile ai Tuoi santi
e l’evidente pienezza dell’amore che il mio cuore prova per Te.
San John Henry Newman
IL SUPERIORE GENERALE
DEI CANONICI REGOLARI DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE
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Via Federico Torre 21 00152 Roma Tel. 06 5806496 Fax 06 5814837
Email: rinaldoguarisco@gmail.com
Roma 5 agosto 2024
OGGETTO: PERCORSO FORMATIVO PER LAICI CRIC – ONLINE
Carissimo amico/a,
sono padre Rinaldo Guarisco, Superiore generale dei CRIC (Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione). Sicuramente mi conosci già!
Innanzitutto ti voglio garantire che il tuo numero di cellulare/whatsapp fa parte della mia rubrica personale e quindi mi permetto di rivolgermi a te con libertà e nel rispetto della tua privacy. Nel caso non volessi ricevere in seguito altri messaggi da parte mia su questa nuova iniziativa che vado a presentarti, puoi sempre cancellarti da questa lista di amici che sto creando attraverso il “CANALE WHATSAPP: LAICI CRIC”.
Vorrei presentarti una nuova proposta di formazione e conoscenza della nostra spiritualità canonicale con modalità online, nata in seno all’Associazione “Amici Cric” e all’Associazione culturale dom Adriano Gréa di cui sono il Presidente.
Il motivo è semplice: vorrei poter condividere con i Laici vicini alla nostra comunità religiosa CRIC e che lo desiderano un cammino mensile di formazione e informazione, senza intralciare o appesantire le loro iniziative che già vivono nella propria parrocchia e poter così raggiungere anche quelli che sono lontano e non possono partecipare in presenza.
Su invito e sollecitazione anche di Papa Francesco in occasione dell’Anno Giubilare 2025, che ormai si sta avvicinando, mi piacerebbe condividere alcuni temi del Concilio Vaticano II sulla spiritualità biblica, ecclesiale, liturgica, sociale e altro, e che fanno parte anche del nostro carisma di Canonici Regolari oppure altri temi che la Chiesa e la nostra Congregazione propongono nelle varie circostanze (come il Sinodo, l’Anno Santo, il Congresso dei Canonici Regolari della Confederazione…).
Con la collaborazione di un piccolo gruppo redazionale, vorremmo così approfondire in modo semplice ed efficace questi argomenti che metteremo in programma ogni mese per offrire la possibilità di crescere nella conoscenza e nella formazione della propria fede e del proprio cammino spirituale ed ecclesiale.
Cliccando, quindi, sul Link che invieremo puoi accedere al Sito della “Associazione culturale dom Adriano Gréa” che ti offrirà tante altre riflessioni e spunti di letteratura cristiana.
Per questo abbiamo creato un “canale whatsapp” col nome di “LAICI CRIC” nel quale ti ho inserito pensando che ti possa interessare.
Se sei d’accordo puoi iscriverti, cliccando sulla voce ISCRIVITI CHE TROVI IN ALTO A DESTRA.
Nel caso, invece, non volessi far parte puoi sempre cancellarti liberamente.
E’ un primo inizio, per non dire un esperimento, sperando che possa essere utile e sarà bello poterlo in seguito anche migliorare con suggerimenti e proposte varie. In tal modo vogliamo diffondere la nostra spiritualità canonicale, come sosteneva il nostro Fondatore dom Adriano Gréa, che “non è altro che la spiritualità della Chiesa”.
In allegato trovi anche lo Statuto degli Amici CRIC.
Aderendo alla nostra iniziativa di formazione online entri anche a far parte automaticamente dell’Associazione “Amici Cric” che proporrà durante l’anno altre iniziative e celebrazioni in presenza legate a eventi e celebrazioni della nostra comunità CRIC.
Il responsabile degli Amici Cric per la zona di Roma è padre Livio Rozzini, mentre per la zona di Montichiari e Volta Mantovana è padre Paolo Tortelli.
Sperando di poter mantenere e sostenere nel tempo questa iniziativa, ti saluto cordialmente.
Padre Rinaldo Guarisco
FORMAZIONE PER “LAICI CRIC” – OTTOBRE 2024
a cura dell’Associazione culturale dom Adriano Gréa
Il mese di ottobre è abitualmente dedicato alla preghiera e alla solidarietà verso le
Missioni con la celebrazione della Giornata Mondiale Missionaria del 20 ottobre. E ogni anno il Papa invia un messaggio su cui poter riflettere e agire di conseguenza. Quest’anno il mese di ottobre ha un significato ancora più grande per la conclusione del Sinodo che si terrà dal 2 al 27 ottobre ed è l’anno dedicato alla preghiera.
Per questo vi proponiamo una sintesi del suo messaggio missionario il cui tema è tratto dalla parabola evangelica del banchetto nuziale (cfr Mt 22,1-14). Dopo che gli invitati hanno rifiutato l’invito, il re dice ai suoi servi: «Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze» (v. 9). Tutti noi siamo discepoli-missionari di Cristo e in occasione della fase finale del Sinodo “Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione, missione”, chiediamo al Signore che ci renda veri testimoni che sanno annunciare il Vangelo nel mondo contemporaneo.
Mettetevi alla Sua santa presenza... siate uomini di preghiera!
“..Lui il tronco e noi i rami di questo tronco; ora come la vita dei rami viene dal tronco, così la vita delle nostre anime viene da Gesù, arriva a noi in due modi; innanzitutto dalle sue piaghe, che sono come fontane aperte; e poi dalla Santa Comunione; e soprattutto da qui che ci conferisce la vita, che ce la dona, che ce la elargisce. E’ necessario che noi l’assimiliamo, che la respiriamo, altrimenti, passerà oltre senza penetrarvi…
(Dom Gréa)
SINTESI DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2024
20 ottobre 2024
Andate e invitate al banchetto tutti (cfr Mt 22,9)
1. “Andate e invitate!” La missione come instancabile andare e invitare alla festa del Signore.
All’inizio del comando del re ai suoi servi, ci sono i due verbi che esprimono il nucleo della missione: “andate” e “chiamate” nel senso di “invitate”.
Riguardo al primo, va ricordato che in precedenza i servi erano stati già inviati a trasmettere il messaggio del re agli invitati (cfr vv. 3-4). Questo ci dice che la missione è un andare instancabile verso tutta l’umanità per invitarla all’incontro e alla comunione con Dio.
Instancabile! Dio, grande nell’amore e ricco di misericordia, è sempre in uscita verso ogni uomo per chiamarlo alla felicità del suo Regno, malgrado l’indifferenza o il rifiuto. Così Gesù Cristo, buon pastore e inviato del Padre, andava in cerca delle pecore perdute del popolo d’Israele e desiderava andare oltre per raggiungere anche le pecore più lontane (cfr Gv 10,16)...
Per questo, la Chiesa continuerà ad andare oltre ogni confine, ad uscire ancora e ancora senza stancarsi o perdersi d’animo di fronte a difficoltà e ostacoli, per compiere fedelmente la missione ricevuta dal Signore…
Continuiamo perciò a pregare e ringraziare Dio per le nuove e numerose vocazioni missionarie per l’opera di evangelizzazione sino ai confini della terra.
E non dimentichiamo che ogni cristiano è chiamato a prendere parte a questa missione universale con la propria testimonianza evangelica in ogni ambiente, così che tutta la Chiesa esca continuamente con il suo Signore e Maestro verso i “crocicchi delle strade” del mondo di oggi...
Che tutti noi, battezzati, ci disponiamo ad andare di nuovo, ognuno secondo la propria condizione di vita, per avviare un nuovo movimento missionario, come agli albori del cristianesimo!
2. Al banchetto. La prospettiva escatologica ed eucaristica della missione di Cristo e della Chiesa.
Nella parabola, il re chiede ai servi di portare l’invito al banchetto per le nozze di suo figlio. Tale banchetto riflette quello escatologico, è immagine della salvezza finale nel Regno di Dio, realizzata fin d’ora con la venuta di Gesù, il Messia e Figlio di Dio, che ci ha donato la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10), simboleggiata dalla mensa imbandita «di cibi succulenti, di vini raffinati», quando Dio «eliminerà la morte per sempre» (Is 25,6-8).
La missione di Cristo è quella della pienezza dei tempi, come Egli ha dichiarato all’inizio della sua predicazione: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino» (Mc 1,15). Così, i discepoli di Cristo sono chiamati a continuare questa stessa missione del loro Maestro e Signore…
Perciò, siamo tutti chiamati a vivere più intensamente ogni Eucaristia in tutte le sue dimensioni, particolarmente in quella escatologica e missionaria. Ribadisco, a tale proposito, che «non possiamo accostarci alla Mensa eucaristica senza lasciarci trascinare nel movimento della missione che, prendendo avvio dal Cuore stesso di Dio, mira a raggiungere tutti gli uomini» (ivi, 84)…
Con quanta più fede e slancio del cuore, in ogni Messa, dovremmo pronunciare l’acclamazione: «Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta»! In questa prospettiva, nell’anno dedicato alla preghiera in preparazione al Giubileo del 2025, desidero invitare tutti a intensificare anche e soprattutto la partecipazione alla Messa e la preghiera per la missione evangelizzatrice della Chiesa…
E così la preghiera quotidiana e particolarmente l’Eucaristia fanno di noi dei pellegrini-missionari della speranza, in cammino verso la vita senza fine in Dio, verso il banchetto nuziale preparato da Dio per tutti i suoi figli.
3. “Tutti”. La missione universale dei discepoli di Cristo e la Chiesa tutta sinodale-missionaria
La terza e ultima riflessione riguarda i destinatari dell’invito del re: «tutti». Come ho sottolineato, «questo è al cuore della missione: quel “tutti”. Senza escludere nessuno. Tutti…
Ancora oggi, in un mondo lacerato da divisioni e conflitti, il Vangelo di Cristo è la voce mite e forte che chiama gli uomini a incontrarsi, a riconoscersi fratelli e a gioire dell’armonia tra le diversità. Dio vuole che «tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4).
Perciò, non dimentichiamo mai, nelle nostre attività missionarie, che siamo inviati ad annunciare il Vangelo a tutti…
I discepoli-missionari di Cristo hanno sempre nel cuore la preoccupazione per tutte le persone di ogni condizione sociale o anche morale…
La missione per tutti richiede l’impegno di tutti. Occorre perciò continuare il cammino verso una Chiesa tutta sinodale-missionaria a servizio del Vangelo...
Rivolgiamo infine lo sguardo a Maria, che ottenne da Gesù il primo miracolo proprio ad una festa di nozze, a Cana di Galilea (cfr Gv 2,1-12)… Con la gioia e la premura della nostra Madre, con la forza della tenerezza e dell’affetto (cfr Evangelii gaudium, 288), andiamo e portiamo a tutti l’invito del Re Salvatore. Santa Maria, Stella dell’evangelizzazione, prega per noi!
Roma, San Giovanni in Laterano, 25 gennaio 2024,
festa della conversione di San Paolo.
FRANCESCO
PROVOCAZIONI PER IL CONFRONTO PERSONALE
· Missionari instancabili: come reagisco di fronte alle difficoltà di annunciare il vangelo?
· L’Eucarestia e la preghiera: la vivo intensamente nella mia quotidianità?
· Come discepolo-missionario, ho a cuore l’amore verso tutti?