Capitolo 2024 Canonici Regolari dell'Immacolata Concezione

LETTERA DEL SUPERIORE GENERALE

 

DEI CANONICI REGOLARI DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

AL TERMINE DEL CAPITOLO GENERALE 2024

 

Carissimi Confratelli CRIC,

a conclusione dei lavori del Capitolo 2024, mi rivolgo a voi con alcune brevi considerazioni da estendere a tutti i confratelli delle nostre comunità per iniziare insieme un nuovo cammino ormai alle porte dell’Anno Santo e per accompagnare la lettura e la condivisione delle Delibere promulgate in questi giorni di assemblea capitolare.

Innanzitutto, esprimo la mia riconoscenza e gratitudine ai membri del Capitolo per la fiducia che mi hanno nuovamente accordato, con questo nuovo mandato per un altro sessennio, insieme al nuovo Consiglio Generale.

Un grazie speciale a don Marco Vitale per il percorso formativo fatto in questi ultimi anni e per averci accompagnato e guidato come facilitatore durante lo svolgimento del Capitolo 2024.

Un grazie anche alla Segretaria Serena Di Tommaso per il lavoro svolto in collaborazione con il Segretario del Capitolo Padre Luigi Franchini.

Sono stati giorni vissuti nella fraternità e nella ricerca corale del bene per la nostra comunità, per renderla più consapevole del proprio patrimonio carismatico e dell’importanza di guardare avanti, nonostante limiti e difficoltà, con fiducia e speranza.

 

Come potrete leggere dal documento finale il tema generale è stato modificato in questo nuovo titolo: “IL

CARISMA CRIC OLTRE I CRIC. I Canonici Regolari pellegrini di speranza: un cammino di

comunione, missione e partecipazione”.

 

Riprendendo la breve spiegazione del titolo che trovate nel documento, abbiamo voluto evidenziare che

« “Oltre” ci orienta al futuro e il futuro dei CRIC è iniziato il giorno stesso della nostra Fondazione. Oggi,

quel lontano passato non esiste più così, come non esiste ancora il nostro futuro: esiste il presente! Partiti

dall’esperienza di Dom Gréa, memori delle belle testimonianze di tanti confratelli, siamo dunque

pellegrini di Speranza per arrivare alla meta della santità».

 

Tenendo presente i suggerimenti giunti dalla consultazione fatta in questi mesi con un questionario per la

formulazione dell’ “Instrumentum Laboris”, abbiamo suddiviso il documento in quattro tematiche,

ognuna delle quali è stata declinata con obiettivi e suggerimenti pratici, da verificare a metà percorso del

sessennio con un Consiglio Allargato.

I grandi temi sono i seguenti:

 

A - PROSPETTIVE PER IL FUTURO DELLA NOSTRA CONGREGAZIONE, TENENDO

CONTO DEL NOSTRO PICCOLO NUMERO;

B - VITA CONSACRATA E SINODALITÀ, CON ATTENZIONE ALLA PASTORALE DI

COMUNIONE;

C - li SERVIZIO DELL’AUTORITÀ E L’OBBEDIENZA: FORMAZIONE DELLA

LEADERSHIP;

D - FORMAZIONE PERMANENTE.

 

Naturalmente sarà una Commissione, creata appositamente dal Consiglio generale, incaricata di formulare

progetti e programmi per meglio realizzare questo percorso. Inoltre “le proposte della Commissione

potranno essere adattate dalle singole comunità territoriali e locali”.

Vorrei solo ribadire come ormai sia giunto il tempo di riflettere seriamente sul nostro futuro di Cric

tenendo conto della forte sollecitazione che ci è giunta dal Dicastero della Vita Consacrata, con una lettera a me indirizzata il 15 ottobre 2018 (Prot. SG 62/2018) in risposta alla relazione finale del precedente

Capitolo. Abbiamo già avuto l’occasione di confrontarci su questa lettera all’inizio del mio mandato.

Tuttavia, senza cadere in un allarmismo che crei angoscia e preoccupazione eccessive, impedendoci di

vivere serenamente il nostro presente, accogliamo con responsabilità questo invito per salvaguardare il

nostro ricco patrimonio carismatico.

 

Vi riporto, quindi, la parte centrale della lettera che può essere di aiuto a pregare e confrontarci meglio

sul nostro futuro:

«L’esiguità numerica dei membri e l’avanzamento dell’età anagrafica impongono all’istituto l’attenta

ponderazione delle strategie di animazione e degli obbiettivi pastorali, per dare continuità al patrimonio

carismatico; gioverebbe senz’altro incentivare forme di interscambio all’interno della Confederazione

dei Canonici Regolari di Sant’Agostino, di cui la vostra Congregazione fa parte, ma potrebbe rivelarsi

arricchente anche l’esperienza di una collaborazione intercongregazionale.

Nella Relazione si richiama l’importanza d’incarnare, nel vissuto quotidiano, l’ideale della fraternità

evangelica, criterio qualificativo della vita comunitaria, dell’impegno formativo-apostolico,

dell’autenticità della testimonianza apostolica... »

Il Dicastero per la Vita consacrata sta preparando un nuovo documento con le linee da attuare per sosteneree guidare le piccole comunità religiose.

Come già ho ricordato nella mia omelia durante la santa messa con il Rito di insediamento, «noi vogliamo

vivere il presente con passione e con umiltà, coltivando il desiderio di essere custodi accoglienti del

Regno, lasciandoci “addolcire e modellare da Gesù e dal suo Spirito...”».

 

 

Maria, Stella Maris, ci guidi verso porti più sicuri di serenità, fraternità e speranza! Quella speranza che

è immagine di un’àncora che ci dà stabilità e sicurezza anche in mezzo alle acque agitate della vita!

 

Che il Signore Gesù, per intercessione di Maria Immacolata, di S. Agostino e di tutti i Santi dell’Ordine

canonicale, ci accompagni in questo cammino, seguendo le orme del nostro padre Dom Adrien Gréa.

 

 

P. Rinaldo Guarisco

Superiore Generale Allegato 2.

 

 

 

DELIBERE CAPITOLARI

 

Il carisma dei CRIC oltre i CRIC

I Canonici Regolari, pellegrini di speranza:

un cammino di comunione, missione e partecipazione

 

SUL TITOLO DEL CAPITOLO GENERALE 2024

«Oltre» ci orienta al futuro e il futuro dei CRIC è iniziato il giorno stesso della nostra Fondazione. Oggi,

quel lontano passato non esiste più così, come non esiste ancora il nostro futuro: esiste il presente! Partiti

dall’esperienza di Dom Gréa, memori delle belle testimonianze di tanti confratelli, siamo dunque

pellegrini di Speranza per arrivare alla meta della santità: facciamo attenzione a non trasformarci in

girovaghi senza un obiettivo chiaro!

 

Dom Gréa

«Non siamo nuovi, proveniamo da molto lontano. Noi ci proponiamo di fare quello che facevano gli

apostoli...il nostro spirito è lo spirito della Chiesa o meglio lo Spirito Santo che è nella Chiesa».

Dalle Costituzioni

[2] «Fondati sulla Grazia battesimale... ci sforziamo di realizzare con i nostri fratelli un’autentica comunione di vita... essa trova la sua sorgente e la sua più perfetta espressione nell’Eucaristia e nella preghiera comune, specialmente nella Liturgia delle Ore, che esprime e crea l’unione dei cuori».

Dalla Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025

[24] «La speranza trova nella Madre di Dio la più alta testimone. In lei vediamo come la speranza non sia fatuo ottimismo, ma dono di grazia nel realismo della vita. Come ogni mamma, tutte le volte che guardava al Figlio pensava al suo futuro, e certamente nel cuore restavano scolpite quelle parole che Simeone le aveva rivolto nel tempio (Lc 2,34-35). E ai piedi della croce, mentre vedeva Gesù innocente soffrire e morire, pur attraversata da un dolore straziante, ripeteva il suo “sì”, senza perdere la speranza e la fiducia nel Signore. Non è un caso che la pietà popolare continui a invocare la Vergine Santa come Stella maris, un titolo espressivo della speranza certa».

[25] «“Noi, che abbiamo cercato rifugio in lui, abbiamo un forte incoraggiamento ad afferrarci saldamente alla speranza che ci è proposta. In essa, infatti, abbiamo come un’àncora sicura e salda per la nostra vita: essa entra fino al di là del velo del santuario, dove Gesù è entrato come precursore per noi” (Eb 6,18-20). È un invito forte a non perdere mai la speranza che ci è stata donata, a tenerla stretta trovando rifugio in Dio.

 

L’immagine dell’àncora è suggestiva per comprendere la stabilità e la sicurezza che, in mezzo alle acque

agitate della vita, possediamo se ci affidiamo al Signore Gesù».

 

In conformità al dibattito capitolare disponiamo:

1. Che il titolo del Capitolo Generale 2024 sia mutato da «Il futuro dei CRIC oltre i CRIC. I Canonici

Regolari, pellegrini di speranza: un cammino di comunione, missione e partecipazione» in «Il carisma dei

CRIC oltre i CRIC. I Canonici Regolari, pellegrini di speranza: un cammino di comunione, missione e

partecipazione».

Tenuto conto delle suddette premesse e considerazioni, ci poniamo i seguenti obiettivi:

2. Nutrire una sempre maggiore fiducia nella Chiesa, nel nostro Istituto religioso, nella società, nelle

relazioni interpersonali ad intra e ad extra, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto

del creato affinché la nostra testimonianza possa essere nel mondo lievito di genuina speranza e annuncio

profetico di cieli nuovi e terra nuova (cfr. 2Pt 3,13).

3. Incrementare sempre più la nostra disponibilità — nel rispetto della coscienza di ciascuno, delle

necessità del nostro Istituto religioso e dei carismi e delle fragilità personali — ad essere il seme che cade

a terra per portare molto frutto. Ciò ci permetterà di non essere eccessivamente egocentrati, con il rischio

di perdere la nostra vita nello Spirito (cf. Gv 12,24-25) e privare il nostro Istituto di un fecondo

rinnovamento pasquale.

 

A) PROSPETTIVE PER IL FUTURO DELLA NOSTRA CONGREGAZIONE,

TENENDO CONTO DEL NOSTRO PICCOLO NUMERO

Intuire nuove prospettive richiede il dono della creatività e della gestione della complessità, a livello

personale e comunitario, e dalla quale, giunti nel nostro contesto, non possiamo indietreggiare se

vogliamo ancora portare frutto al servizio del Regno attraverso la nostra vocazione di Canonici.

Da “La vita fraterna in comunità” (Congregazione per gli IVCSVA, 1994)

[64] «b) Le piccole comunità sono certamente possibili, anche se si rivelano più esigenti per i loro membri.

c) È necessario quindi che esse si diano un programma di vita solido, flessibile e obbligante approvato dalla

competente autorità, che assicuri all’apostolato la sua dimensione comunitaria.

d) non è raccomandabile che un Istituto sia costituito solo da piccole comunità. Le comunità più numerose

sono necessarie. Esse possono offrire sia all’intero istituto, come alle piccole comunità apprezzabili servizi:

coltivare con più intensità e ricchezza la vita di preghiera e le celebrazioni, essere luoghi privilegiati per lo

studio e la riflessione, offrire possibilità di ritiro e di riposo ai membri che lavorano nelle frontiere più difficili della missione evangelizzatrice. Questo scambio tra una comunità e l’altra è reso fecondo da un clima di benevolenza e di accoglienza».

[65] «Una realtà con la quale a volte ci si imbatte è quella di religiosi e religiose che vivono da soli. La vita

comune in una casa dell’istituto è essenziale alla vita religiosa».

Dalla lettera di Papa Francesco ai consacrati (2014)

[II.3] «la vita consacrata è chiamata a perseguire una sincera sinergia tra tutte le vocazioni nella Chiesa, a

partire dai presbiteri e dai laici, così da “far crescere la spiritualità della comunione prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità ecclesiale e oltre i suoi confini”» ...

Alla luce delle nostre considerazioni capitolari ci poniamo come obiettivi:

4. Il puntare ad avere piccole comunità (con non meno di 3 confratelli, dove è possibile) al fine di

rispondere sempre meglio al proprium della vita comunitaria e di aiutare ad evitare l’isolamento di alcuni

nostri confratelli.

 

5. Avere comunque qualche comunità più numerosa che consenta dinamiche più ampie tra i confratelli.

6. Offrire una reale testimonianza di vita canonicale, a partire da un valido progetto di vita personale e di

vita comunitaria, collaborando con i laici, i religiosi e le religiose, i presbiteri e i vescovi dove prestiamo

il nostro servizio. Sarà utile far conoscere il nostro carisma congregazionale ed aprire le nostre case alle

iniziative pastorali frutto di collaborazione con altre realtà ecclesiali.

7. Favorire lo scambio fraterno tra i confratelli delle varie case e nazioni per una maggiore conoscenza tra

i membri dell’Istituto religioso e i diversi contesti in cui vivono i confratelli.

 

B) VITA CONSACRATA E SINODALITÀ,

CON ATTENZIONE ALLA PASTORALE DI COMUNIONE

Chiesa, comunione e sinodalità sono tre realtà, diverse ed interconnesse, che dicono la necessità

evangelica che il Popolo di Dio cammini insieme! In questa dinamica, i religiosi sono il segno visibile

della profezia! Occorre trasformare la vita ordinaria in “palestre di sinodalità” affinché la comunione

non sia solo un desiderio ma un bisogno che sgorga dal cuore di chi condivide le gioie e i dolori delle

fatiche vissute quotidianamente al servizio del Regno.

Dalle Costituzioni CRIC

[6] «La comunione di vita esige una mutua presenza dei singoli membri, che si concretizza nella condivisione dell’abitazione, del lavoro, e dei beni (Cf voto e virtù di povertà) e delle responsabilità. Essa trova la sua sorgente e la sua più perfetta espressione nell’Eucarestia e nella preghiera comune, specialmente nella Liturgia delle Ore, che esprime e crea l’unione dei cuori».

[7] «Segno visibile della vita di comunità è la partecipazione agli «acta communia» — pasti consumati in

amicizia, ricreazioni, ecc. —, in modo del tutto speciale quella al Capitolo, inteso come «revisione di vita»,

aiuto vicendevole e scambio fraterno di opinioni, riguardo all’aspetto spirituale, intellettuale e pastorale...»

[101] «d) I superiori locali si guarderanno bene dal limitare il loro interesse alla propria comunità, ma avranno a cuore la vita dell’intero Istituto».

Dal Direttorio CRIC [38] «Ogni comunità locale come ogni religioso si impegni per instaurare forme inedite e concrete di

“comunicazione” con altri religiosi presenti nella parrocchia, zona, settore apostolico o diocesi. Uno spirito di fraterna collaborazione deve sostenere questo impegno. Ciascuno secondo le proprie capacità e nei limiti di quanto proposto, accetterà volentieri di assumersi responsabilità in organismi di coordinamento apostolico o di spiritualità».

[39] «In questo sforzo di apertura e di confronto, i membri e le case della Confederazione dei Canonici Regolari di S. Agostino e di tutto l’Ordine Canonicale (Canonichesse) avrà un posto privilegiato».

Premesso tutto ciò, desideriamo perseguire i seguenti obiettivi:

8. Ritenere la Sinodalità via privilegiata per incarnare il Vangelo nella vita della Chiesa.

9. Valorizzare la Liturgia delle Ore.

10. Cercare di vivere con passione una vera pastorale di comunione con il Santo Popolo di Dio.

11. Curare un rapporto filiale con il Vescovo della Chiesa locale.

12. Realizzare all’inizio di ogni anno, in ogni comunità (a partire dal progetto personale), un progetto

comunitario da vivere corresponsabilmente fra i confratelli, per declinare nell’oggi e nel qui le

Costituzioni, affinché non siano una rete o troppo larga o troppo stretta. Tale progetto comunitario sia

verificato a fine anno.

 

13. Creare esperienze di comunione di vita condivise all’interno della comunità stessa. Esperienze che

servano per alimentare il fuoco e l’entusiasmo della vita e che possano eventualmente essere aperte ad

altri.

 

C) IL SERVIZIO DELL’AUTORITÀ E L’OBBEDIENZA; FORMAZIONE DELLA

LEADERSHIP

Il servizio dell’autorità si impara lungo due binari: il saper obbedire prima, e l’essere preparati poi; nel

mezzo l’esperienza di vita comunitaria.

Dalle Costituzioni

[38] «In spirito di fede, dunque, ci prefiggiamo di scoprire in comunità il progetto di Dio per meglio amare e servire; uniti nella carità per il Signore e per i fratelli cerchiamo insieme la volontà di Dio nella preghiera unanime, nel dialogo leale, nel vero senso di responsabilità e corresponsabilità...

a) Il superiore locale ha cura innanzitutto di dirigere, sostenere e consigliare i confratelli. Veglia sulla vita

religiosa, pastorale, intellettuale di ciascuno, offrendo a tutti i mezzi atti alla loro formazione e promozione...

b) La funzione del superiore locale è quella di una presenza fraterna piuttosto di quella di chi comanda. Il

superiore è colui dal quale devono provenire l’animazione, le iniziative, il coordinamento degli incarichi e la cui preoccupazione non è quella di imporre il proprio pensiero, bensì quella di pervenire, con i suoi fratelli, ad un comune sentire e a un comune impegno nel lavoro e nella fatica».

Tenuto conto del confronto emerso in Capitolo, si fissano i seguenti obiettivi:

14. Proporre ed incentivare la partecipazione dei Superiori, ai diversi livelli, ad appositi corsi di

formazione e ad un confronto sistematico tra Superiori locali.

15. Favorire la presenza dell’Animatore e/o del Superiore Generale nelle diverse Comunità per

condividere un congruo tempo di vita fraterna.

16. Favorire, all’interno delle Comunità, una periodica rotazione delle responsabilità per incrementare lo

spirito di collaborazione e condivisione.

17. Il Superiore, come un buon padre e con la collaborazione della Comunità, abbia particolarmente a

cuore l’animazione vocazionale (cf. Costituzioni [69]). Individuare almeno un confratello, appositamente

preparato, per curare la formazione iniziale alla vita consacrata.

18. Puntare ad una maggiore crescita nella capacità di ascolto reciproco tra confratelli anche attraverso

momenti di preghiera, guidati da uno di noi, come la Lectio o gli Esercizi Spirituali.

 

D) FORMAZIONE PERMANENTE

Due sono le cose che spettano ai chierici: lavorare per il loro nutrimento e al nutrimento degli altri. Noi

disponiamo di due elementi per il nostro nutrimento: la preghiera e lo studio. È necessario che il prete

studi. Deve avere per questo studio un interesse non libresco, ma quello proprio dei padri, in modo che

possa servirsene nella preghiera e arricchirla; questo ne farà un contemplativo; è necessario che il prete

sia contemplativo (Dom Gréa).

 

Dalle Costituzioni

[94] «È prova di maturità l’essere convinto che la formazione non termina con l’impegno definitivo o con il ricevere gli ordini sacri: questa deve continuare lungo tutta l’esistenza, con la stessa disponibilità

all’accoglienza e alla ricerca:

 a) affinché il religioso persegua il suo “sviluppo umano” nelle esperienze felici e tristi, soprattutto nella

monotonia della vita quotidiana;

b) affinché lasci continuamente crescere in lui, nelle successive tappe della sua vita, il Cristo che in lui vuole raggiungere la sua pienezza;

c) affinché aggiorni incessantemente le sue conoscenze teologiche e umane, allo scopo di sapere sempre parlare agli uomini di oggi con linguaggio appropriato: studi, sessioni, “corsi di recupero”, “anno sabbatico” quando ciò sia possibile.

I Superiori dovranno fare di tutto per offrire ai loro fratelli la possibilità concreta di condurre a buon fine questo programma».

Da “La vita fraterna in comunità”: essere una comunità in continua formazione

[43] «Il rinnovamento comunitario ha tratto notevoli vantaggi dalla formazione permanente. Raccomandata e delineata nelle sue linee fondamentali dal documento Potissimum Institutioni, è considerata da tutti i responsabili di istituti religiosi di vitale importanza per il futuro...

Una delle finalità di tali iniziative è di formare comunità mature, evangeliche, fraterne, capaci di continuare la formazione permanente nel quotidiano. La comunità religiosa, infatti, è il luogo ove i grandi orientamenti diventano operativi, grazie alla paziente e tenace mediazione quotidiana. La comunità religiosa è la sede e l’ambiente naturale del processo di crescita di tutti, ove ognuno diviene corresponsabile della crescita dell’altro...»

Premesso tutto ciò, si propone quanto segue:

19. Costituire una commissione che, a partire dalle indicazioni capitolari, realizzi un progetto di

formazione permanente e relativo programma.

20. Tenere in considerazione le indicazioni magisteriali, della Santa Sede e della Confederazione dei

Canonici, che verranno promulgate nel sessennio.

21. Obiettivi formativi da perseguire: approfondire la formazione sulla preghiera (liturgica, biblica, ...),

formarci ad accettare e svolgere responsabilmente gli incarichi richiesti come servizio alla Comunità,

qualificare la nostra capacità di comunicazione interpersonale.

22. È nostro desiderio condividere, con i confratelli e con coloro che lo desiderino, il nostro Carisma e la

nostra vita pastorale attraverso il sito, il giornalino, la newsletter ed eventuali altri strumenti di

comunicazione.

23. Coinvolgere, ove possibile, altri canonici nella formazione permanente.

24. Arricchire la nostra umanità con la condivisione, ad esempio, di iniziative culturali e ricreative, una

mezza giornata insieme, un film, ritiri spirituali.

25. Continuare con la metodologia anche dei laboratori, se possibile, in forma residenziale.

26. Offrire la possibilità di una supervisione delle dinamiche intracomunitarie per favorire il

discernimento comunitario e la metodologia sinodale.

27. Le proposte della Commissione potranno essere adattate dalle singole comunità territoriali e locali.

 

LETTO E APPROVATO NELLA SESSIONE CAPITOLARE

 

 

DEL GIORNO 3 LUGLIO 2024 A ROMA

CAPITOLO 2024 – 3 LUGLIO SANTA MESSA DI INSEDIAMENTO DEL NUOVO SUPERIORE GENERALE E DEL SUO CONSIGLIO FESTA LITURGICA DI SAN TOMMASO APOSTOLO (Ef 2,19-22; Sal 116; Gv 20,24-29)

 

OMELIA DEL SUPERIORE GENERALE Padre Rinaldo Guarisco San Tommaso è prossimo a ciascuno di noi per la sua sincera fatica nel fidarsi, eppure come lui anche noi vorremmo essere così capaci di lasciarci sorprendere dal Signore, il quale non condanna la nostra fatica di credere ma l’accompagna. Spesso manca anche a noi questa fiducia nel Signore e anche negli altri! Guardiamo allora a Tommaso, al suo lento cammino di fede nel Cristo risorto. Grazie al quarto vangelo conosciamo il suo carattere di uomo lucido e realista. Percorrendo alcune scene del suo rapporto con Gesù, scopriamo un Tommaso che non si fa illusioni sulla sorte che attende il suo maestro a Gerusalemme e per questo esce con questa espressione forte: “Andiamo anche noi a morire con lui!” Quale coraggio, quale forza ed entusiasmo nel seguire il Signore anche di fronte a una svolta di questo genere, senza paura di rischiare la propria vita! E’ leale nella sua ricerca della verità, non esita a manifestare la sua ignoranza o il suo dubbio: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?” L’ignoranza non deve essere un ostacolo alla nostra sequela, anzi può diventare uno stimolo per aprirci a nuove conoscenze e verità, per essere più sicuri nelle nostre scelte quotidiane: serve informarci, ma anche formarci ad una conoscenza più profonda di Gesù, per seguirlo sulla via che porta alla sua verità e alla vita! Poi, venendo al vangelo di oggi, quando i discepoli, in sua assenza, vedono il Signore risorto egli non si accontenta della loro testimonianza. Per credere ha bisogno di un segno che provi che il risorto è lo stesso uomo che ha visto sulla croce. E con questo segno del mettere il dito nelle sue piaghe, esprime la sua grande fede: “ Mio Signore e mio Dio!” Credere non gli fu facile, ma con sincerità esprime i suoi dubbi e le sue perplessità, ma è aperto al cambiamento e alla conversione delle sue convinzioni. Non sappiamo per quali motivi la sera della prima apparizione del risorto lui si trovasse fuori dalla comunità. Però poi rientra, aiutato anche dai suoi amici, pur trovando difficoltà a esprimere loro fiducia in quello che affermano. E’ un cammino faticoso non solo quello del credere nel risorto, ma anche quello di trovare serenità e fiducia nella comunità in cui vivi. A volte anche noi, come scrive san Paolo alla comunità di Efeso, ci sentiamo un po’ stranieri e ospiti nelle nostre comunità, facciamo fatica a sentirci concittadini dei santi e famigliari di Dio e tra di noi. Le nostre fondamenta come religiosi e come Canonici stanno naturalmente nel Vangelo e nella prima comunità apostolica. Nonostante le nostre fragilità umane e i nostri limiti, la pietra d’angolo sulla quale dobbiamo porre tutta la nostra fiducia, è Cristo Gesù. In tal modo tutta la costruzione cresce ben ordinata, la nostra comunità può reggere i tentennamenti delle crisi e delle difficoltà personali e comunitarie, possiamo essere edificati per trasformare i nostri rapporti e i luoghi dove viviamo come abitazione di Dio! Serve la forza dello Spirito Santo, ma anche uno sforzo interiore e spirituale di ciascuno di noi. Uno dei punti sul quale stiamo riflettendo in questi giorni è il servizio dell’autorità. Visto che in questa celebrazione si insedia nella comunità il Superiore generale con il suo consiglio, mi sembra opportuno e più autorevole citare le parole di papa Francesco che sabato scorso ha rivolto al mondo intero in occasione della Solennità dei Santi Pietro e Paolo, e indirettamente anche a noi “Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione riuniti a Roma per il Capitolo generale”. Commentando il Vangelo della festa il Papa ha ricordato le parole di Gesù a Pietro: «A te darò le chiavi del Regno dei cieli» (Mt 16,19). “Per questo vediamo spesso San Pietro raffigurato con due grandi chiavi in mano, come nella statua che si trova qui, in questa Piazza. Quelle chiavi rappresentano il ministero di autorità che Gesù gli ha affidato a servizio di tutta la Chiesa. Perché l’autorità è un servizio, e un’autorità che non è servizio è dittatura…” E io vorrei aggiungere: un’autorità che non è servizio, può diventare anche anarchia, dove ognuno vive come vuole e invece di essere pellegrini di speranza, diventiamo girovaghi senza méta!!! E come sappiamo bene da tutto il Vangelo, quando Gesù parla di Regno, non intende un regno esteso in tutto il mondo con potere di arroganza, presunzione, di prevaricazione dell’altro ma, come ha detto ancora il Papa, l’immagine delle chiavi di Pietro “sono le chiavi di un Regno, che Gesù non descrive come una cassaforte o una camera blindata, ma con altre immagini: un piccolo seme, una perla preziosa, un tesoro nascosto, una manciata di lievito (cfr Mt 13,1-33), cioè come qualcosa di prezioso e di ricco, sì, ma al tempo stesso di piccolo e di non appariscente. Per raggiungerlo, perciò, non serve azionare meccanismi e serrature di sicurezza, ma coltivare virtù come la pazienza, l’attenzione, la costanza, l’umiltà, il servizio”. La nostra comunità è una parte di questo piccolo Regno, quindi ancora più piccola. Non so se sarà ancora destinata a crescere numericamente e a estendersi geograficamente nel mondo come ha fatto nel passato. Noi vogliamo vivere il presente con passione e con umiltà, coltivando il desiderio di entrare, con la grazia di Dio, nel suo Regno, e di esserne, con il suo aiuto, custodi accoglienti, lasciandoci “addolcire e modellare da Gesù e dal suo Spirito…” Maria, Stella Maris, ci guidi verso porti più sicuri di serenità, fraternità e speranza! Quella speranza che è immagine di un’àncora che ci dà stabilità e sicurezza anche in mezzo alle acque agitate della vita!

INFORMAZIONI CONSIGLIO GENERALE giugno 2024.

 

Il nuovo Consiglio Generale eletto dal Capitolo Generale è così composto:

P. RINALDO GUARISCO, Superiore Generale Padre

P. LIVIO ROZZINI, Vicario Generale

e i Padri Consiglieri:

P. ERASMO BATTISTA FIERRO

P. THOMAS DOME

P. REDIBERTO LAZO MARCHÁN.

Il Superiore Generale con voto collegiale del suo Consiglio nomina Padre Erasmo Battista Fierro

Segretario Generale.

Per la carica di Economo Generale, il Padre Generale propone a P. Riccardo Belleri di continuare

il suo lavoro finora svolto con grande dedizione e competenza. Il Padre accetta ed è quindi nominato dal

Padre Generale ECONOMO GENERALE CRIC.

Il Superiore Generale nomina LEGALE RAPPRESENTANTE della Congregazione P. BRUNO

RAPIS e, come PROCURATORE GENERALE, P. Livio Rozzini.

Il Consiglio rende noto che il Capitolo Generale CRIC ha nominato come Delegato al Consiglio

Primaziale della Confederazione CRSA, Padre Allan R. Jones e come suo supplente Padre James Cassidy.

Il Superiore Generale e il suo Consiglio, colgono l’occasione per ringraziare P. Francesco Tomasoni, P.

Angelo Segneri e P. Giuseppe Chiarini per il servizio alla Congregazione svolto negli ultimi 6 anni.

1. NOMINA DEGLI ANIMATORI DELLE COMUNITÀ TERRITORIALI E ANALISI

DI ALCUNE SITUAZIONI PARTICOLARI.

1.a. COMUNITÀ TERRITORIALE DEL PERÙ

P. Rediberto Lazo Marchán, parroco della Parrocchia di Tamarindo, viene nominato dal Superiore

Generale, con il consenso del Consiglio, Animatore Territoriale della Comunità CRIC Peruviana.

Viene chiesto a P. Luis Enrique Serra di trasferirsi nella casa di formazione S. Agustín in Piura,

con la nomina di Superiore Locale, dove già risiede P. Kelvin Ipanaqué Bruno, il quale è suggerito

come economo territoriale.

P. Cesar Schwarz e P. Alvaro Carpio continueranno a vivere nella Casa “Adrian Gréa” in Lima. Il giovane

professo Fr. Juan Omar Martinez Coronado risiederà a Lima fino alla conclusione degli studi previsti per

dicembre 2024. Per una ridistribuzione degli incarichi: P. Cesar Schwarz è nominato Superiore Locale

di Lima e P. Alvaro Carpio, responsabile della formazione di Fr. Juan Omar Martinez Coronado.

1.b. COMUNITÀ TERRITORIALE DEGLI USA

Vengono confermati gli incarichi:

P. Thomas Dome, Animatore Territoriale della Comunità CRIC americana;

P. Pasquale Vuoso, Superiore Locale di Santa Paula;

P. Christopher Reeve economo della D. Gréa House.

1.c. COMUNITÀ TERRITORIALE DELL’ITALIA

Tenuto conto del voto consultativo della Comunità e un confronto con alcuni confratelli, viene nominato

P. Erasmo Battista Fierro, Animatore Territoriale della Comunità italiana.

A seguito di alcune richieste da parte dei singoli confratelli, così si dispone:

 

P. Erasmo Battista Fierro viceparroco della Parrocchia S. Maria Maddalena in Volta Mantova,

P. Bruno Rapis viceparroco della Parrocchia S. Maria Regina Pacis a Monteverde in Roma.

A P. Luigi Franchini, Superiore della Casa Generalizia, viene chiesto una collaborazione con la

Parrocchia S. Maria Regina Pacis a Monteverde.

Il Superiore Generale concede a P. Angelo Segneri di risiedere, per un anno, nella Diocesi di Verona

presso la Parrocchia Isola della Scala.

È accolta la domanda di ammissione al Noviziato di Don Francesco Guarino. Inizierà l’anno di

noviziato presso la Casa Canonica della Parrocchia Natività di Maria sotto la guida del P. Maestro Stefano

Liberti coadiuvato dal Vicario Generale, domenica 15 settembre 2024 durante la preghiera dei Vespri.

COMUNITÀ DIPENDENTI DIRETTAMENTE DAL SUPERIORE GENERALE

P. Allan R. Jones, su richiesta di P. James Cassidy, viene nominato Superiore Locale della Comunità

CRIC Inglese.

2. LA FORMAZIONE PERMANENTE E IL COINVOLGIMENTO DEI LAICI.

A. Il Capitolo ha affidato al Consiglio Generale l’istituzione di una Commissione perché possa

realizzare un progetto formativo adattabile ad ogni realtà comunitaria. Vista l’esperienza di questi

ultimi anni, in attesa di comprendere l’elezione del nuovo Superiore Provinciale dei CRL, ci

auspichiamo di continuare a collaborare nel campo formativo con l’auspicio di possibili progetti

futuri.

La commissione è così composta:

1. P. Livio Rozzini, Vicario Generale – Presidente della Commissione;

2. P. Thomas Dome, Animatore Territoriale USA;

3. P. Rediberto Lazo Marchán, Animatore Territoriale Perù;

4. P. Stefano Liberti;

5. P. Francesco Tomasoni.

La convocazione per la Commissione per la Formazione è per Venerdì 30 Agosto alle ore 21:00 (ore

italiane), presso la Casa Generalizia.

B. Per la corresponsabilità dei Laici per il Carisma CRIC. Sollecitiamo gli Animatori

Territoriali, chiedendo aiuto a Confratelli disponibili e sensibili a questo tema, a porre in atto

iniziative formative, fraterne e residenziali.

VARIE ED EVENTUALI

- È stato eletto nuovo Abate dei CRL, Don Edoardo Parisotto.

Sabato 21 settembre 2024, nella Chiesa Abbaziale di San Secondo in Gubbio alle ore 11:00,

riceverà la Benedizione Abbaziale da S.E.R. Card. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna,

Presidente CEI.

- Il Superiore Generale ricorda alcuni appuntamenti previsti nell’ambito della Confederazione CRSA:

a. Dal 23 al 26 settembre 2024, giornate di studio e Consiglio Primaziale a Novacella.

 

b. Dal 28/7 al 1/8 2025, in Polonia si svolgerà il Congresso CRSA.

CONGREGAZIONE

 

DEI CANONICI REGOLARI

 

DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

 

 

 

 

 

Via Federico Torre, 21 -  00152  Roma    tel. 065806496/  fax 06 5814837

 

Email:  rinaldoguarisco@gmail.com

 

 

 

CAPITOLO GENERALE 2024

 

NOTIFICA DI ELEZIONE DEL SUPERIORE GENERALE

 

E DEL SUO CONSIGLIO

 

 

 

Durante il Capitolo Generale regolarmente ed ufficialmente costituito, oggi, giovedì 28 giugno 2024, a Roma presso la Casa Generalizia della Congregazione dei Canonici Regolari dell'immacolata Concezione, in via Federico Torre 21, si procede all'elezione del Superiore Generale secondo le norme contenute nelle Costituzioni al n. 146a.

 

 

 

Raggiunta la maggioranza richiesta dei due terzi, PADRE RINALDO GUARISCO È ELETTO SUPERIORE GENERALE.

 

Alla domanda di rito, se accetta l'elezione, dichiara di accettare l'elezione a Superiore Generale della Congregazione dei Canonici Regolari dell'immacolata Concezione.

 

 

 

Di seguito si passa alla votazione per il VICARIO GENERALE e per i tre CONSIGLIERI.

 

 

 

Vengono eletti i seguenti confratelli:

 

 

 

PADRE LIVIO ROZZINI, VICARIO GENERALE;

 

PADRE ERASMO BATTISTA FIERRO, CONSIGLIERE;

 

PADRE THOMAS DOME, CONSIGLIERE;

 

PADRE REDILBERTO LAZO MARCHAN, CONSIGLIERE

 

 

 

 

 

 

 

                                                                           

 

 

                                                                                     p. Luigi Franchini


CAPITOLO GENERALE CRIC 2024                                 DUE GIORNATE DI SPIRITUALITA’  24 - 25 giugno

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“IL DISCERNIMENTO SPIRITUALE COMUNITARIO”

Prima meditazione: Un cuore che arde!

Schema per la preghiera personale

·         Pacificati, respirando profondamente.

·         Chiedi allo Spirito Santo che ti aiuti a pregare, con tutta la tua persona: corpo, affettività, immaginazione, intelletto, volontà, spirito.

·         Rileggi il testo su cui pregherai.

·         Chiedi al Signore il dono spirituale, collegato al tema del brano biblico, che desideri ricevere in questo momento di preghiera.

o   Ora rileggi il brano biblico; cerca di capirlo, soprattutto per come ti è

stato spiegato: cosa dice il brano in sé?

o   Fai presente la tua vita quotidiana, le tue situazioni, quello che sei…;

rivedi tutto a partire dal brano biblico: cosa dice a te?

o   Come ti tocca quello che comprendi? Quale sentimento ti suscita?

Dialoga con il tuo Signore ed esprimi ciò che desideri dirgli.

·  Salutalo nel terminare la preghiera.

Testo biblico (Lc 24,13-35)

Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?».

Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo.

Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto».

 

Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

 

 

 

Per costruire ed entrare in un capitolo.

Innanzitutto un capitolo è frutto di una storia segnata. Nessuno di voi arriva qua dicendo dove sono, con chi sono. Innanzitutto per quanto riguarda le aspettative, ci sarà tra voi qualcuno che dirà - ma si andiamo avanti - e qualcuno che vorrà cambiare tutto. Ci sono grandi aspettative. Poi è segnata la storia di un capitolo perché le relazioni già esistono tra di voi, alcuni si conoscono sin da bambini, altri hanno lavorato e lavorano insieme, altri si conoscono perché confratelli ma niente di più. Mi domandavo come si può vivere un capitolo. Allora mi sembra che un atteggiamento interiore buono sia quello di ritrovarsi innanzitutto intorno a ciò che unisce e non partire dall'evidenziare ciò che ci differenzia perché ciò che ci differenzia è prezioso ma è difficilmente uno strumento per convergere. Allora partire da ciò che ci unisce mi sembra utile valorizzare le distanze spirituali, culturali, pastorali perché un Istituto è tutto questo insieme. Poi mi chiedevo ma allora come si può uscire bene da un capitolo? Si può uscire penso nutrendo sin dai primi giorni del capitolo l'idea di accettare il limite. Si poteva fare meglio al capitolo? Si. Anche il più bel capitolo si poteva fare meglio.  Si può fare meglio come Istituto religioso? Si, sicuramente si, qualunque Istituto, qualunque realtà può fare meglio, ma noi dobbiamo entrare nella logica di accettare il limite perché il limite è ciò che ci rende concreti e poi uscire oltre il limite con la disponibilità a fare verità. La verità oggettivamente capiamo sempre di più che è la somma di tante verità soggettive e allora il passare dalla verità soggettiva a quella oggettiva e viceversa è quella che ci permette di tenerci in equilibrio. Ci sono tante verità. Allora serve la disponibilità a farla, a costruirla, a esserne parte. In fondo mi sembra poter dire che ogni capitolo generale elettivo sia un'esperienza pasquale. Si muore un po' quando alcuni sanno che devono venire a Roma, si risuscita un po' quando qualcuno sa che deve venire a Roma. Si muore un po' quando si affrontano delle conversazioni, si risuscita un po' quando prendono una certa direzione. Anche i risultati dei capitoli. Dentro si muore un po' perché uno avrebbe voluto qualcosa di diverso, forse, ma si risuscita un po' perché quella è la realtà, quella è la verità oggettiva nella quale in qualche modo dobbiamo fare comunione con la verità soggettiva.

In fondo penso che il capitolo sia una delle esperienze più sacre della vita religiosa, della vita consacrata. Sacra per almeno due motivi: per la democraticità e per la spiritualità. Democraticità perché voi siete qui perché siete stati eletti democraticamente. Non voglio caricare il peso, ma se siete qui è perché i confratelli hanno voluto che voi foste qui. Democraticità perché qui voterete. Ci sarà una maggioranza e una minoranza, anzi per dirla tutta ci sarà una maggioranza e tante minoranze perché non è detto che la minoranza sia unita, magari ci sono tante minoranze diverse. È un'esperienza di democraticità perché dovrete arrivare a delle decisioni condivise.

Poi mi dicevo è anche un'esperienza sacra. Sacra perché in qualche modo il capitolo vi separa dagli altri. Tante volte sento dire dai religiosi giovani che non hanno mai partecipato a un capitolo e parlano dei padri o delle madri capitolari - chissà che faranno lì dentro?- Chi magari ha già fatto tanti capitoli - quand'è che crescete, che andate voi?- Il capitolo è esperienza di separazione, è esperienza di intensa vita spirituale perché è un servizio che si fa all'Istituto e alla Chiesa mossi dallo Spirito Santo, altrimenti non ci sarebbero motivi per fare un capitolo.

È poi un'esperienza sacra perché occorre fare discernimento. Il discernimento vuole dire innanzitutto fare separazioni. Scegliere ciò che per voi è più buono, è più possibile, è più profetico rispetto ad altre cose altrettanto buone, altrettanto possibili, altrettanto profetiche ma che voi democraticamente mossi dallo Spirito sceglierete di non fare piuttosto a quelle che farete.

Poi è esperienza spirituale il capitolo perché non solo voi dovrete intuire cosa lo Spirito vi muove come persone, come capitolari e come Istituto per essere davvero profetici, ma poi una volta intuito vi chiede di sceglierlo. Adesso va di moda parlare di discernimento ma un discernimento che poi non porti a delle scelte non serve a molto. Io posso capire da giovane che ho la vocazione a diventar prete ma poi non scelgo di entrare in seminario. Allora si l'ho capito, non dico che sia tempo perso ma sicuramente è poco fruttuoso.

In questo contesto ho pensato di proporvi questi temi di preghiera.

Il primo come trovate sul fascicolo è un brano famosissimo. Ho detto partiamo da qualcosa che abbiamo sicuramente tutti in comune: i discepoli di Emmaus. L'esperienza dei due discepoli di Emmaus nasce dalla paura. Gesù è stato arrestato, è stato processato, è stato condannato, è stato flagellato, è morto e la gente ha paura. Allora la paura è un'emozione molto utile. Noi se siamo vivi probabilmente perché in alcuni passaggi abbiamo avuto così tanta paura, che la paura ci ha fatto salvare. Ma esiste una paura paralizzante e una paura che invece ci fa muovere.

Emmaus è l'icona di una paura che ti fa muovere. Io ho paura e posso rimanere paralizzato, ho paura e mi muovo. Emmaus fuggono. Fuggono altrove, ma se non fossero fuggiti non avrebbero incontrato il Risorto. Allora la vera sfida io credo non sia quella di non provare paura, è un atteggiamento un po' fanciullesco quello di credere che siamo supereroi. Siamo persone, siamo esseri umani dobbiamo aver paura. Dobbiamo aver paura dei nostri limiti, delle nostre fragilità e anche dei limiti e delle fragilità del nostro Istituto, ma credo che non dobbiamo farci bloccare, dobbiamo andare per riprendere il tema di prima. Bisogna esser profetici, vediamo dove lo Spirito vi chiamerà a stare.

- E conversavano di tutto quello che era accaduto - è importante sapere le cose!

È bello nei capitoli il fatto che ci siano tante relazioni noiose, le relazioni sono di loro natura noiosa ma sono fondamentali perché per arrivare a fare discernimento bisogna conoscere. Se io non conosco non posso scegliere. - E conversavano - bisogna parlarne. Loro raccontavano le loro paure. - E mentre discorrevano e discutevano insieme Gesù in persona si accostò e cammino' con loro.- Ecco quello che auguro a ognuno di voi: che possiate fare questa esperienza sentire in questo capitolo Gesù che si accosta a voi e che cammina con voi perché se questo non succede è velocissimo il passaggio da esser padre capitolare a membro del consiglio di amministrazione di un'azienda. Cambia poco.

- Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo-

Perché tutti noi abbiamo occhi che fanno fatica a riconoscere Gesù. Ed ecco perché è importante questo binomio tra discernimento personale e discernimento comunitario, perché non esiste nessun discernimento personale che non abbia un risvolto comunitario e viceversa. In ogni passaggio magari c'è una dimensione prioritaria tra i due discernimenti, ma c'è sempre l'altra dimensione. A me veniva in mente il discernimento vocazionale. A un certo punto ciascuno di noi ha capito che forse il Signore ci chiamava alla vita consacrata, quindi è una mia scelta, un mio discernimento ma poi di fatto ci siamo rimessi al discernimento della Chiesa, quindi sarà stato predominante il discernimento personale ma poi è subentrato quello comunitario. Il capitolo uscirà come un discernimento comunitario ma senza dubbio parte dai discernimenti personali. Se non fai il discernimento personale alzi solo una mano, metti solo una crocetta sul foglietto. Allora Gesù domanda: - che sono questi discorsi che state facendo tra di voi?- Ecco sarebbe interessante ogni tanto nel capitolo che ciascuno per sé si domandi: ma che discorsi sto facendo io? Che discorsi porto avanti? A che livello mi sto ponendo? Perché inevitabilmente il discorso personale di uno trascinerà il discorso personale di qualcun altro. Io dico sempre che nel capitolo sono interessantissimi i discorsi che si fanno nelle assemblee capitolari, ma poi sono ancora più importanti quelli che si fanno fuori nei corridoi, a pranzo, a colazione, a cena fuori nei giorni di riposo, quelli sono i discorsi importanti.

Devo domandarmi sempre che discorsi sto facendo? Perché penso questo, perché il mio confratello dice questo?

- E si fermarono con il volto triste.-  Perché in fondo tutti noi io credo in ogni tempo ma sicuramente io penso che ciascuno di  noi può testimoniarlo, in questo tempo della Chiesa siamo tutti un po' alimentati da frustrazione. Le parrocchie si svuotano, i seminari si svuotano, mancano le offerte e la frustrazione se non è ben gestita si trasforma in rabbia e la rabbia se non è ben gestita diventa un’esplosione pronta a scaricarsi ovunque e non porta nessun bene, porta solamente distruzione e allora spesso ci si ferma con un volto triste. Io suggerisco sempre quando mi capita di fare facilitatore nei capitoli: la mattina quando scendi dalla camera specchiati. L'ultima cosa da fare prima di uscire dalla camera specchiati e guarda se il tuo volto è triste, perché la tristezza ci dice di un malessere interiore. Il mio malessere interiore lo porto al capitolo.

È interessante come i discepoli reagiscono con aggressività - ma tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che è accaduto in questi giorni?- Nei capitoli è facile iniziare le conversazioni così. - Ma solo tu non hai capito come funziona nella nostra realtà, ma solo tu non hai capito come funziona questa cosa? Ma solo tu non capisci?- con semplicità risponde con un'altra domanda- che cosa ditemelo?- Ecco perché è importante nel capitolo il dialogo fraterno perché in realtà nessuno sa tutto. È un esercizio di carità reciproco quello di informarsi. E loro rispondono a ciò che sapevano loro, tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta, come i sacerdoti i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare, poi lo hanno crocefisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele. Ecco qua la frustrazione. Noi avevamo una speranza, di esser liberati dall'impero e invece non solo non ci ha liberati dall'impero ma è stato pure crocifisso. - Io mi sono fatto prete perché volevo convertire il mondo- dopo 10 anni, 20 anni, 40 anni mi accorgo che non ho neanche il mondo da convertire perché il mondo gira altri posti.

-       Con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute ma alcune donne delle nostre ci hanno sconvolti, perché recatesi al sepolcro non hanno trovato il corpo.-

Alcune donne. Sappiamo tutti che si tempi di Gesù le donne erano considerate davvero poco, ma da quelle donne viene l'annuncio della Resurrezione. Allora nel capitolo anche le piccole cose, quelle che sembrano secondarie, quelle che sembrano inaffidabili possono essere germi preziosi di profezia.

E Gesù disse - sciocchi e tardi di cuore nel credere alla Parola dei profeti- Ecco in fondo questo è il rischio che corriamo tutti. Quelli di essere molto intelligenti sul piano cognitivo ma poi poco intelligenti sul piano dell'intuizione di Dio ed essere tardi di cuore. Come se il cuore arrivasse dopo.

 

- E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui- Tutti preghiamo con la Parola di Dio, ma qui è interessante l'esercizio che Gesù fa fare ai discepoli di Emmaus. Rileggere le Scritture non come se fosse un romanzo da Genesi a Apocalisse, ma le rilegge costruendo un percorso personalizzato. In fondo il discernimento personale e comunitario del capitolo si tratta di leggere la Parola di Dio nella Sacra Struttura, la Parola di Dio che è nei fatti, nella storia dell'Istituto, per quanto ci riguarda nel passato, per quanto ci riguarda nel presente e per dove vogliamo essere nel futuro perché l'unica cosa che voi avete in realtà è solo il presente, il passato non c'è più, il futuro è ancora da realizzare.

Voi potete solo influenzare il vostro futuro, come il vostro passato sta influenzando il vostro presente. Non c'è un'alternativa.

- E quando furono vicini insistettero di far restare Gesù.-

Allora io vi auguro che in questo capitolo si riesca a fare l'esperienza di chiedere di restare.

A volte nei capitoli ci sono dei temi in cui se uno riascoltasse ciò che si dice potrebbe facilmente domandarsi: - ma in quella conversazione il Signore dove stava?-  Non c'era e non ci dobbiamo scandalizzare. Era un discorso umano tra uomini.

- E quando fu a tavola con loro prese il pane disse la benedizione lo spezzò allora gli si aprirono gli occhi e lo riconobbero.-

Lo riconobbero, è interessante in italiano per riconoscere devi conoscere. Allora noi arriviamo al capitolo così come siamo, se lo conosciamo il Signore lo riconosciamo, se facciamo fatica a conoscerlo faremo fatica a riconoscerlo qui dentro. Nel momento in cui lo riconoscono Gesù sparisce. In fondo se ci pensate l'angelo Gabriele è comparso una volta a Maria, forse Maria avrebbe avuto bisogno di un sostegno in alcuni momenti ma non è più riapparso. Gli angeli da Giuseppe compaiono due volte e basta. Il roveto ardente a Mosè appare una volta e basta.

Allora il capitolo diventa esperienza unica. Ogni capitolo, anche se abbiamo partecipato a tanti capitoli, è unico.

E loro dicevano - Non ci ardeva forse il cuore?-

Domandiamocelo. Alla fine della nostra esperienza i discepoli dicono - ma non ci ardeva forse il cuore? - Mentre ci spiegava la Sacra scrittura il cuore che arde e la Sacra Scrittura pregata, spiegata insieme in comunità loro due con Gesù. In fondo il capitolo è un'esperienza di cuore che arde. Io vi auguro di sentire il cuore che arde, che arda non di emozioni umane ma che arda di movimenti del cuore mossi dallo Spirito, perché poi allora si riparte, si ritorna a Gerusalemme, ritornano a Gerusalemme. Voi ritornerete a casa vostra ma lì la vita è cambiata a Gerusalemme, loro partono da Gerusalemme per paura dopo la morte di Gesù e ritornano a Gerusalemme per annunciare che Cristo è Risorto.

In fondo questo è il compito dei capitolari quando si ritorna. Allora questo è il testo sui cui vi propongo di pregare oggi, ovviamente ognuno prega come vuole.

Io qui ho proposto uno schema se può essere utile, se lo desiderate, siamo tutti adulti nell' età, adulti nella fede. Lo schema è molto semplice; innanzitutto quello di pacificarsi. Entrare nella preghiera richiede che io stia in pace almeno con me stesso prima di incontrare il Signore, chiedere allo Spirito Santo che ti aiuti a pregare con tutto te stesso, con il tuo corpo, gli acciacchi, il sonno, i dolori, con tutta la tua affettività. Il cuore che arde è affettività.

A volte noi preti rischiamo di essere un po' anaffettivi. Con tutta la mia immaginazione, un’esperienza di sogno. Come mi immagino io da qui a 6 anni? Come immagino il mio Istituto da qui a 6 anni? Con l'intelletto. Il Signore ci ha donato una testa non solo per dare gli esami, i titoli accademici, ma per ragionare! Che lo Spirito illumini anche la nostra intelligenza, che illumini la nostra volontà. Io capisco che questo è il Bene per l'Istituto ma poi devo volerlo il Bene, altrimenti lo intuisco ma non lo faccio.

Poi tutto lo Spirito. La mia capacità di trascendere verso il Signore. Potete leggere il testo anche se è un testo famoso che avremo predicato un centinaio di volte nella vita. Poi chiedete al Signore un dono spirituale legato al tema. Potete trovarlo voi, suggerirlo voi stessi. Io vi propongo di chiedere al Signore il dono di sentire il cuore che arde all'inizio del capitolo. Il vostro cuore possa ardere tra questo sogno iniziale e questo ritornare a Gerusalemme.

E poi potete pregare in questo testo facendovi sostanzialmente tre domande.

-          La prima è molto semplice: cosa dice il brano in sé e dovrebbe essere uguale per tutti;

-          la seconda che cosa dice a te ed è personale. A qualcuno i discepoli di Emmaus potrebbero dire: la mia tentazione di fuggire, a qualcun altro potrebbe dire la gioia del ritorno, a qualcuno altro potrebbe dire l'incontro con il Signore. A ognuno gli dirà qualcosa.

-          Poi la domanda più difficile è la terza: quale sentimento ti suscita. Perché non ragioni per capire la risposta ma devi metterti in silenzio e devi ascoltarti. Questa Parola di Dio di Emmaus che mi attraversa che cosa suscita in me, pensieri, emozioni, sensazioni, sentimenti, idee, propositi.

-          Ecco ascoltare tutto questo e poi potete concludere la vostra preghiera se volete facendo un breve colloquio con il Signore raccontandogli ciò che avete vissuto, perché possiate fissare i passaggi fondamentali e poi salutare il Signore.  

Vi auguro un tempo di preghiera, di intimità con il Signore perché questo è ciò che chiede il Capitolo, che siate intimi con il Signore e siate intimi tra di voi che possiate una volta finito il capitolo tornare e creare intimità con i vostri confratelli.

“E si accostò e camminò con loro”

Buona preghiera a tutti!  

 

 

Seconda meditazione: Prendi e scendi nella bottega del vasaio!

 

Preghiera iniziale

 

 

Testo biblico (Ger 18,1-10)

Questa parola fu rivolta a Geremia da parte del Signore: «Prendi e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola». Io sono sceso nella bottega del vasaio ed ecco, egli stava lavorando al tornio. Ora, se si guastava il vaso che egli stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli rifaceva con essa un altro vaso, come ai suoi occhi pareva giusto.

Allora mi fu rivolta la parola del Signore: «Forse non potrei agire con voi, casa di Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l'argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa di Israele. Talvolta nei riguardi di un popolo o di un regno io decido di sradicare, di abbattere e di distruggere; ma se questo popolo, contro il quale avevo parlato, si converte dalla sua malvagità, io mi pento del male che avevo pensato di fargli. Altra volta nei riguardi di un popolo o di un regno io decido di edificare e di piantare; ma se esso compie ciò che è male ai miei occhi non ascoltando la mia voce, io mi pentirò del bene che avevo promesso di fargli.

 

Schema per la preghiera personale

Ben ritrovati a tutti. Ben ritrovato a Padre Giuseppe dal Brasile.

Ci ritroviamo in questa seconda parte della mattinata per il secondo appuntamento per i punti di preghiera personale. Per questo spunto di preghiera vi propongo di soffermarci sul brano di Geremia 18,1-10.

È interessante proprio nella dinamica capitolare soffermarci su questo brano.

Inizia così questa parola:

- Fu rivolta a Geremia da parte del Signore. - Geremia aveva tante parole, a un certo punto riceve la Parola da parte di Dio e questo ci richiede un primo discernimento personale. Le cose che noi ascoltiamo esternamente che ascoltiamo interiormente da dove provengono? Perché sapere le cose da dove provengono ci aiuta in quale modo a dargli maggiore o minore fiducia. Qui è la Parola di Dio stessa, ma è una Parola di Dio che ancora una volta sospinge, gli dice: prendi e scendi nella bottega del vasaio… è curioso no? Io ti dico - vai lì perché devo parlarti- ma per dirtelo già ti sto parlando. Perché non mi parli già adesso? Perché in realtà Dio vuole far fare a Geremia un'esperienza e non semplicemente la recezione di contenuti. È interessante che appena si è ripotuto viaggiare dopo il covid i Capitoli sono stati ripresi in presenza, perché un conto è comunicare in maniera asettica i contenuti o esprimere voti e un conto è fare un'esperienza. Il Capitolo è un'esperienza alla quale io mi reco mosso dalla Parola di Dio per ascoltare la Parola di Dio e per condividere la mia esperienza di Parola di Dio perchè possa diventare insieme ai padri capitolari un’ esperienza di Dio anche per gli altri, perché se non diventa Parola di Dio che nasce come meditazione personale, discernimento e scelta, come Parola di Dio per gli altri, sappiamo bene che i Capitoli cadono sulla testa delle persone e quando ti cade una cosa sulla testa la fai scivolare, ti sposti.  Allora prendi e scendi nella bottega del vasaio, questo è l'invito che il Signore ha fatto a ciascuno di voi e che voi state già vivendo. Alcuni di voi hanno preso l'aereo, avete fatto un lungo viaggio e state scendendo nella bottega del vasaio.

Scendere dove? Innanzitutto dentro di voi. Perché tutti noi abbiamo questo combattimento interiore tra ciò che sappiamo che è giusto e ciò che sappiamo che è comodo. Ciò che sappiamo che vorremmo che gli altri facessero e ciò che noi vorremmo fare e poi scenderete sempre di più giorno dopo giorno nella profondità del vostro Istituto. L'esperienza di ascolto delle relazioni, può essere noioso ma in fondo permette a tutti di scendere su una base comune, quella è la verità, quella è la realtà.  Quella è la realtà che il Signore per mezzo dei fratelli che vi hanno votato, vi chiedono di fare discernimento. In fondo i fratelli vi chiedono di fare discernimento personale, di fare discernimento comunitario perché scendendo nelle realtà personali e dell'Istituto possiate far udire loro la Parola di Dio, che loro stessi dovranno poi accogliere, fare discernimento personale, discernimento nelle loro comunità, nelle loro realtà territoriali.

Geremia dice - Io sono sceso nella bottega ed egli stava lavorando al tornio. –

In fondo qui la similitudine tra il vasaio e Dio è evidente. Dio sta lavorando dall'eternità per l'eternità e io direi sta lavorando con noi nonostante noi, perché tutti abbiamo delle resistenze, tutti abbiamo delle inconsistenze, anche il capitolo ha delle resistenze e delle inconsistenze, anche l’Istituto anche la Chiesa.

Ed è interessante questa immagine:

- Ora se si guastava il vaso che egli si stava modellando, egli rifaceva con la stessa creta un altro vaso come ai suoi occhi pareva giusto.-

Mi sembra una bella immagine per un capitolo. In fondo voi siete in questo momento i primi collaboratori di Dio per permettere a Dio di fare con la creta dei Cric un altro vaso come lui vorrà per i prossimi 6 anni. Questo è il Capitolo: permettere a Dio di mettere le mani su quella creta. Siamo sempre noi, ci conosciamo, sappiamo le nostre capacità, le nostre risorse, le nostre debolezze ma vogliamo permettere a Dio di avere più spazio, di allargargli la possibilità di fare un altro vaso come ai suoi occhi pare giusto. Mi piace questa idea che un Capitolo funziona bene, fa bene il suo servizio quando in fondo nessuno è totalmente soddisfatto e nessuno è totalmente insoddisfatto. Vuol dire che ha funzionato bene la dinamica capitolare, vuol dire che si è partiti da alcuni punti su cui si converge e si è lavorato in questa direzione.

Allora fu rivolta la Parola del Signore: - Forse non potrei agire con voi come questo vasaio?-

La risposta è sì e io aggiungerei sì per fortuna, perché vedete il rischio di vedere trasformarci in un altro vaso soprattutto come piace a Dio ci mette  inevitabilmente paura e ansia a tutti, perché  è meglio la povertà conosciuta che la potenziale ricchezza sconosciuta, ma questo è un limite umano, non è vero che sia così. Allora certo che il Signore può fare questo anche con noi se noi glielo permettiamo. In fondo la storia di un Istituto religioso è pieno di situazioni in cui Dio ha ricostruito con la stessa creta vasi diversi come a lui piaceva. Mi viene in mente la storia dei francescani. Se San Francesco resuscitasse sulla terra e vedesse ora i francescani non li riconoscerebbe.

Ecco – come l' argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani - e qui ecco la dimensione spirituale del capitolo. Noi siamo davvero nelle mani di Dio o cerchiamo continuamente di sfuggire? Oppure cerchiamo le mani di Dio solo quando cerchiamo una mano che ci dà sicurezza che non ci lascia precipitare, ma stare nelle mani di Dio vuole dire anche stare nelle mani di Dio come l'acqua nel cavo di una mano. Io personalmente mi sento nelle mani di Dio o cerco di mettere le mani di Dio dove voglio io? Voglio che Dio metta le sue mani nella pasta che dico io o voglio mettere le mani nella pasta di Dio?

 Ecco perché è fondamentale il discernimento personale perché non è vero che la mia posizione è solamente un quattordicesimo, potrebbe essere l'un quattordicesimo fondamentale e poi sono interessanti questi due esempi che porta la Scrittura. A volte nei riguardi di un popolo io decido di sradicare, abbattere, distruggere, certo dobbiamo leggerlo alla luce del Nuovo testamento ma è interessante il discorso. A volte Dio nella sua volontà può decidere anche di chiudere.

È interessante la teologia dei carismi. I carismi sono doni spirituali dati da Dio per l'edificazione del Regno quando Dio vorrà che il carisma finisce, finisce.  Che succede che quando questo popolo contro il quale avevo parlato si converte dalla sua malvagità io mi pento del male che avevo pensato dei miei figli. È interessante noi per grazia di Dio abbiamo ricevuto da Dio il potere di far pentire Dio stesso. È interessante.  Noi facciamo fatica a pentirci ma Dio ci ha dato il potere di far pentire lui. In maniera analoga, continua il brano dicendo- qualche altra volta riguardo a qualche altro popolo Dio decide di edificare, di piantare, ma se questo popolo compie ciò che è male, Dio si pentirà ancora una volta perché aveva promesso troppo bene da fare a questo popolo. –

Allora io credo che in questa seconda parte della mattinata dobbiamo soffermarci su qualche punto.

-    Il primo: Dio ci chiede di uscire fisicamente l'abbiamo fatto, ci chiede di uscire dalle mie certezze, ci chiede di uscire dalle nostre certezze, ci chiede di accettare che noi siamo nelle sue mani e verificare come io mi percepisco nelle mani di Dio e come percepisco il mio Istituto nelle mani di Dio e dove io penso l'Istituto debba avere uno stile come debba avere uno stile di affidarsi a Dio.

-          Poi ancora queste due belle immagini dell' uomo che ha la capacità di far pentire Dio. Dio che è misericordia si pente davanti all'uomo. Allora l'augurio che faccio a ciascuno di voi e a tutto il capitolo è quello di far pentire Dio perchè riversare la sua grazia su ciascuno di voi e tramite voi possiate rivestirla sull'Istituto.

Qui ognuno prega come sa e come vuole ma se volete potete riprendere lo schema che ho scritto sulla prima parte:

-          domandarvi cosa dice questo brano in sé ma soprattutto cosa dice a te?

-          Lasciatevi interrogare, mettevi in posizione scomoda nei confronti di Dio, perché Dio possa pentirsi della scomodità che ti permette e possa darti un'interiorità più comoda per te che poi diventerà un'interiorità più comoda per il capitolo e ci auguriamo diventi un'interiorità più comoda per l'Istituto.

-          Poi infine la terza domanda: quale sentimento questo brano suscita in te? Quando ci si chiede di uscire è sempre scomodo, è sempre faticoso. Allora le mie resistenze, la mia gioia di uscire, la mia paura di uscire, così come il sentirmi nelle mani di Dio. Provate a sentirvi quel vaso di creta sotto le mani di Dio. Come mi sento quando la pressione delle mani di Dio si fa più forte nella mia vita, a volte può suscitare emozioni di gioia, positive, di consolazione a volte invece può suscitare desolazione. In questo momento oggi qui io mi sento più consolato o desolato? Mi sento entusiasta di questa responsabilità a cui Dio mi chiama o vorrei non averla? Perché in fondo Dio da sempre ha avuto questa idea di affidarci la responsabilità di ciò che lui ha creato. Il carisma spirituale lo crea Dio. È un dono dello Spirito. Voi vi siete riconosciuti in questo carisma, Dom Gréa ha intuito questo carisma e ha creato questo Istituto, ma in fondo è Dio che in ogni tempo affida tutto ciò che lui crea all'uomo come nella creazione. Quando Dio dice ad Adamo abbi cura di tutto questo, dagli un nome.

Allora il capitolo ha il compito di aver cura di tutto l'Istituto, è chiamato a dare un nome alle cose, alle scelte assumendosi le responsabilità di permettere alle mani di Dio di modellare la creta dell'Istituto come lui  meglio crede per l'edificazione del Regno.

E non sempre ciò che Dio meglio crede coincide con me, ma questo è il dono da chiedere nella preghiera di questi due giorni che nessuno di noi cada nel rischio concreto, reale, ben noto a tutti di fare così tanto filtro a Dio, da non permettere di poggiare le mani sulla creta dell' Istituto e della vita di ciascuno.

Buona continuazione di preghiera

 

Grazie a tutti!

Terza meditazione: Buona testimonianza, pieni di Spirito Santo e Sapienza!

 

Preghiera iniziale

 

Testo biblico (At 6,1-7)

Ora in quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio da parte degli Ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove venivano trascurate nel servizio di assistenza quotidiana. Allora i dodici, radunato il gran numero dei discepoli, dissero: «Non è bene che noi, lasciata la parola di Dio, serviamo alle mense. Perciò, fratelli, cercate fra voi sette uomini, di cui si abbia buona testimonianza, ripieni di Spirito Santo e di sapienza, a cui noi affideremo questo compito. Ma noi continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della parola». Questa proposta piacque a tutti i discepoli. Ed elessero Stefano, uomo ripieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia. Li presentarono poi davanti agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani. Intanto la parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva alla fede.

 

Schema per la preghiera personale

Bene, ben ritrovati. Proseguiamo le nostre giornate di Capitolo animati dalla dimensione spirituale e continuiamo con il tema del discernimento. Ieri abbiamo affrontato principalmente la dimensione del discernimento personale. Abbiamo visto prima l'icona dei discepoli di Emmaus, poi siamo saltati nell'Antico Testamento e abbiamo visto il vasaio di Geremia.

Oggi andiamo avanti puntando principalmente alla seconda tappa, quella del discernimento comunitario. Dicevo ieri se ricordate che il discernimento comunitario e personale sono imprescindibilmente collegati l'uno all'altro. L'unica differenza che c'è su alcune materie e in alcune situazioni, può prevalere nettamente uno rispetto all'altro, ma non c'è nessun discernimento che non vede entrambi coinvolti. Allora oggi spostiamo l'equilibrio da ieri in cui il centro era imperniato maggiormente sul discernimento personale e oggi vediamo due icone del discernimento comunitario.

 Il passo che vi suggerisco oggi è il seguente: Atti degli Apostoli capitolo 6 versetti 1-7; trovate il testo nel fascicolo che vi è stato dato. La questione è quella ben nota dei diaconi; la prima comunità cristiana si trova davanti a un problema reale perché le materie di discernimento non sono tanto questioni filosofiche, questioni ideologiche, ma sono questioni pratiche. Il capitolo non è chiamato a risolvere questioni teoriche. Il capitolo è un organo della vita consacrata che in qualche modo nasce dalla delega di tutti i confratelli perché come rappresentanza di tutto l'Istituto trovi alcuni uomini come diceva la lettura della Messa di ieri secondo il cuore di Dio a cui affidare l'ordinaria soluzione dei problemi seguendo una linea, un orientamento. Ecco perché poi in un capitolo sono importanti le delibere, perché in qualche modo insieme tra fratelli si sceglie un po’ dove andare e affidiamo a voi questo compito. Un po' proprio come il problema del brano di oggi. C'è un problema e allora come risolverlo?

- In quei giorni moltiplicandosi il numero di discepoli sorse un mormorio da parte degli ellenisti contro gli ebrei perché le loro vedove venivano trascurate nel servizio di assistenza quotidiana.- Mi sembra un ottimo presupposto, un'ottima prefazione sarebbe alla vita di ogni tempo e di ogni luogo - Si moltiplicava il numero dei discepoli- aumentavano le difficoltà. Ieri a qualcuno di voi dicevo che essere un piccolo numero viene visto sempre come un problema, ma in realtà un piccolo numero non è un problema, è l'angoscia che può sorgere nel pensarsi un piccolo numero, perché oggettivamente essere un piccolo numero è solo un aspetto positivo; perciò tecnicamente è più facile gestire un piccolo numero che un grande numero, un conto è gestire mille preti, un conto è gestirne 50. Certo che il vescovo con 50 preti rischia di essere più angosciato nel domandarsi: ce la farò a coprire le parrocchie rispetto a quelle di mille? Il vescovo di mille preti non sarà angosciato per le parrocchie, ma sarà angosciato dai mille problemi dei mille preti. Quindi il piccolo numero tolto dall'angoscia diventa fonte di ricchezza. Infatti gli atti degli Apostoli dicono che c'è un problema perché la prima cosa che dicono è perché si moltiplica il numero dei discepoli. Quindi ci sono tanti problemi e sempre in ogni tempo e in ogni luogo ci sono tanti problemi.

- E sorse un mormorio. - In italiano un mormorio vuol dire parlare, lamentarsi, questo è nato già con Adamo ed Eva. Quando Dio ha domandato ad Adamo dove sei, subito comincia a dire - è la donna che tu mi hai messo accanto che mi ha dato quel frutto.- Erano in due e già è cominciato il mormorio con il terzo. Da parte degli ellenisti contro gli ebrei, perché gli ellenisti in fondo si sentivano gli stranieri. Non lo so nel vostro Istituto, non lo percepisco, potrei sbagliarmi e vi chiedo scusa, ma nella stragrande maggioranza degli Istituti molto numerosi e quindi visti anche come fortunati, il problema dell'inter-cultura è un problema forte. Gli ellenisti si sentivano gli emarginati perché erano quelli della seconda ora. Oggi quando si fanno i capitoli degli Istituti femminili le suore italiane degli Istituti italiani cercano in tutti i modi di tenere gli ellenisti lontani. Allora il problema non ce lo siamo inventati noi. In Atti 6 c'era già allora!

- Si lamentano perché le loro vedove venivano trascurate nel servizio di assistenza quotidiana.-

Prima di vedere il problema c'è anche qua una ricchezza. Se si lamentavano perché venivano trascurate nel servizio  di assistenza vuol dire che c'era un servizio di assistenza. Allora questo ci richiama su un'attenzione, quanto è importante che ci sia una cura della persona, perché avere cura di sé e cura dell'altro e cura di chi ci viene affidato, ci dà un contesto che ci permette di accorgerci che ci manca qualcosa, perché quando noi non abbiamo un contesto di cura non ci accorgiamo neanche più che manca, e questo porta l'abbruttimento personale, comunitario, congregazione, ecclesiale e sociale. Allora vogliono che questa questione venga affrontata.

I dodici, radunato il gran numero dei discepoli, dissero: - Non è bene che noi, lasciata la Parola di Dio, serviamo alle mense.-

Questo brano è un modello, un modello da poter analizzare per un discernimento comunitario. Innanzitutto i dodici, non è Pietro. Mi sembra che l'immagine del capitolo corrisponda bene, cioè parlano i dodici, quindi non c'è il nome di nessuno. Il capitolo ha deliberato, ha votato Tizio, Caio e Sempronio. I dodici, perché la vita quotidiana tende a dividerci anche in senso buono, ognuno tornerà a casa propria in parti diverse del mondo, con problemi diversi, risorse diverse, aspettative diverse, ma c'è un momento in cui bisogna riconoscersi come i dodici, i capitolari che hanno radunato in gran numero di discepoli. Voi lo farete nelle relazioni simbolicamente, quando leggerete le relazioni avrete tutta la vostra congregazione davanti. Le gioie, i problemi, i problemi che ritrovate ad ogni capitolo, i problemi nuovi, le cose belle nuove, le aspettative nuove.

E dissero: - Non è bene che noi lasciata la Parola di Dio serviamo alle mense.-

Avevano le idee chiare e guardate che non è facile, perché per avere chiare le idee così i 12 dovevano sicuramente avere una buona stima di loro stessi, perché la tendenza sarebbe stata quella di dire - va bene allora ci occupiamo un po' meno della Parola di Dio e ci occupiamo dei poveri perché sono importanti e facciamo noi questa cosa, così le persone ci dicono che siamo bravi e buoni, invece no, loro hanno chiara la scaletta dei valori. Allora oggi potreste interrogarvi: ma qual è la scaletta, l'ordine delle priorità dei miei valori? Se vi aiuta stendete prima una prima spontanea di 3-4 valori, senza esagerare e poi domandatevi se quei valori sono quelli reali che coltivate tutti i giorni o sono quelli ideali che avete studiato al noviziato o degli anni di teologia.

Quali sono i valori per me importanti? La comunità, l'obbedienza, la povertà, la castità, la liturgia? Bravo hai risposto bene, adesso puoi dire i tuoi valori. Questi sono quelli istituzionali, adesso puoi dire i tuoi valori. I tuoi valori sono le partite della domenica, pensavo alla partita di ieri sera, è una certa tranquillità economica, rimanere a vivere nel mio paese, avere alcuni punti di riferimento di persone, di luoghi, quelli sono i miei veri valori, no...? Perché poi noi non facciamo discernimento concretamente a partire dai valori ideali, proclamati, noi ne facciamo dei nostri…no?

Allora tu entri nel consiglio generale lasciando il tuo paese dall'altra parte del mondo: ma come faccio? Io se mangio come voi muoio. A volte io le ho sentite queste motivazioni " altamente spirituali, teologiche": Perché noi dobbiamo impegnarci per la salvaguardia del nostro Istituto, dobbiamo servire i giovani. Ma tu verresti?- Risposta - ma io mangio diverso.- Allora è importante dirselo ognuno: quali sono i valori che io ho chiari - non è bene che lasciamo la Parola di Dio.- -Quali sono i valori per me?-  Vedete qui non si tratta di scegliere tra una cosa buona e una cosa cattiva che sarebbe facile, qui si tratta di una situazione che nel 99 per cento dei casi ci troviamo noi tra una cosa buona: servire i poveri, e una cosa più buona: servire la Parola di Dio. Loro lo hanno interpretato come un bene maggiore servire la Parola di Dio. Noi abbiamo studiato che è un bene maggiore servire la Parola di Dio, ma nella storia della Chiesa primitiva sappiamo quanti poi hanno combattuto per servire i poveri perché ne traevano vantaggio loro. I diaconi sono stati soppressi proprio perché a Roma erano diventati i proprietari dei beni della Chiesa e quando si è capito questo sono stati cancellati per secoli, hanno cancellato il diaconato.

-       Perciò fratelli cercate tra voi sette uomini di cui si abbia testimonianza, ripieni di Spirito Santo e di Sapienza a cui noi affideremo questo compito.-

 

Ecco, questo potrebbe essere messo come missio canonica ai capitolari. In fondo questo è ciò che vi hanno chiesto i vostri confratelli. Vi hanno chiesto di cercare 5 uomini di cui si abbia buona testimonianza, non che potrebbero avere una buona testimonianza, che abbiano una buona testimonianza a partire dal piano della realtà. Una buona testimonianza è bello che venga usato l'aggettivo buono, non ottimo, realisticamente buono perché non esiste nessuno ottimo.  Soprattutto una grande ricchezza che voi avete nella vita consacrata è il fatto che vi conoscete. Di tutti voi conoscete i pregi e conoscete i limiti. Allora ciò che è importante che abbia una buona testimonianza.

 Cosa possiamo testimoniare di buono? Con tutti i limiti e con tutte le fragilità? Poi, che sia pieno di Spirito Santo e di Sapienza.

Questo è più difficile perché essere pieni di Spirito Santo e di Sapienza è difficilmente valutabile, ma se può esservi utile partire dal valutare voi stessi, che siete coloro che conoscete meglio.

Cosa è che vivo come esperienza spirituale, nello Spirito? Come la mia vita concreta ha dimostrato di essere sapiente? Non intelligente. Nella Chiesa non servono sempre e ovunque persone intelligenti, servono persone sapienti.

Nella Chiesa, si rischia sempre di andare molto lenti, di prendere le decisioni dopo anni, perché questo è diventato un po' un facsimile della Sapienza, a volte non è Sapienza questo atteggiamento, è solamente procrastinare una decisione che nessuno vuole prendere. Questa è finta Sapienza. La Sapienza è quella che nasce dallo Spirito e mi permette di comprendere la strada migliore per andare dove il Signore ci chiama a partire dalle nostre reali possibilità.

Ieri nell'istruzione dicevamo attenzione al rischio di puntare troppo in alto altrimenti rimarremmo frustati e attenzione anche a puntare troppo in basso perché resteremmo frustrati perché sappiamo fare di più, potremmo fare di meglio, ma non abbiamo il coraggio di osare e chi non ha il coraggio di osare nella giusta misura non è sapiente.

A chi poi noi affideremo questo compito?

Il capitolo cerca 5 persone che hanno buona testimonianza, che sono colme di Spirito Santo, che cercano con Sapienza a cui poi il capitolo affida questo compito di condurre l'Istituto nei prossimi sei anni. Interessante l'impegno dei dodici.

-       Ma noi continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola.- 

In fondo il rischio qual é? In fondo i capitolari se ne tornano a  continuare a fare quello che facevano, no?  E dire - questa cosa il consiglio l'ha scelta bene, questa cosa il consiglio generale l'ha fatta male. In fondo non c'eri anche tu quando è nato il consiglio generale?-  In fondo se i fratelli hanno mandato te è perché tu possa continuare tornando nel tuo ambiente a dedicarti al bene dell'Istituto, perché c'è un modo per dedicarsi al governo, c'è un modo buono per dedicarsi fuori dal governo, c'è un modo buono per dedicarsi al di fuori dell'Istituto nella pastorale, negli aspetti più tecnici, nel nord del mondo, nel sud del mondo, perché davvero siamo chiamati con il carisma dell'Istituto e con la nostra vocazione personale a costruire il regno di Dio nel mondo.

A che cosa giova che la mia realtà pastorale sia perfetta, quando poi tutto intorno a me crolla?

Pensate alla vostra opera dove siete che funziona benissimo e tutto ciò che fisicamente avete intorno non funziona più: le altre parrocchie, le altre scuole, le diocesi dove siete presenti.  A chi gioverebbe questo? O pensate se la vostra opera andasse benissimo e poi tutto l'Istituto dei Cric andasse malissimo. A che ti giova oltre ad avere un pizzico di orgoglio che tu sei rimasto l'unico superstite che funziona… e dopo? Dove vai? E morto te che succede? Allora questa visione larga, abbondante un po' come nello stile del Vangelo:

- Questa proposta piacque a tutti i discepoli ed elessero Stefano uomo di fede e pieno di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Pamenas e c'è tutto l'elenco.

Si eleggono persone. Non si eleggono ruoli! L'importante che quando le persone vengono elette vengano considerate sempre persone. Sapete nei grandi Istituti è difficile perché vengono elette persone che non si conoscono. Arriva la letterina dall'altra parte del mondo che dice - è stata eletta Suor Tizia piuttosto che Caio- Ma nel vostro Istituto vi conoscete tutti. Padre Antonio è Padre Antonio che ritorni a fare quello che faceva, che diventi generale, il vicario generale, consigliere è Padre Antonio. Questo per voi è un grande dono.

Pregate in questa mattinata se lo ritenete opportuno proprio per le persone care del vostro Istituto, che il Signore vi illumini sulla loro buona testimonianza sul loro essere pieni di Spirito, sulla loro scelta di Sapienza.

- E poi li presentarono davanti agli apostoli-

A noi oggi è rimasta la circolare, si manda l'email : - grati al Signore vi comunichiamo che il nuovo Consiglio generale è costituito da Tizio, Caio e Sempronio- si manda una letterina al dicastero dei religiosi, ti arriva una bella risposta che è uguale per tutti, si cambia solo il nome se non si sbaglia la signora che lavora lì in ufficio, benedizione apostolica e si va avanti ok. Conosciamo i limiti del nostro tempo, ma questo è il bello di presentarli davanti a tutti con orgoglio, cioè voi siete per tutti noi, se noi vi permettiamo di farlo. Io sono un po' vicino alla compagnia di Gesù, dei Gesuiti, ormai è pubblica la cosa, per la seconda volta si è dimesso il provinciale della provincia euromediterranea, una provincia impossibile Italia, Malta, Romania. È la seconda volta che si dimette il provinciale, vorrà dire qualcosa?  Qualcosa da parte di chi fa provinciale ma anche dei gesuiti della provincia. Avere l'orgoglio di dire: - lo Spirito Santo e noi, questo abbiamo scelto - altrimenti il capitolo diventa una riunione di condominio. Il condominio è il palazzo con gli appartamenti, ogni proprietario vota e come dice Papa Francesco: la sinodalità non è semplicemente espressione di democrazia, è prima di tutto un esercizio spirituale

-       I quali dopo aver pregato imposero loro le mani ai diaconi -, non è solo l'immissione nel ruolo. Ci sono tutte le carte perché adesso il Superiore generale possa validamente firmare con la legale rappresentanza? Sì, sono state registrate le firme, tutto a posto. Questo per la legge canonica e per la legge statale, ma davanti a Dio? Gli diamo davvero un mandato prima di partire? Ecco il senso delle delibere poi nel capitolo. Gli diciamo che cosa vogliamo che facciano? Su che cosa lavorino? Non su che cosa decidano, ma almeno su che cosa lavorino?

 

Poi: - Intanto la Parola di Dio si diffondeva, il numero dei discepoli si moltiplicava, grandemente a Gerusalemme, e anche un gran numero di sacerdoti obbediva alla fede.- 

È interessante la dinamica. La Parola di Dio si diffondeva. Il problema erano le vedove. Tutto il brano è sulle vedove che si lamentano. E invece dicono che era tutto ok, perché la Parola di Dio si diffondeva. Ma non è la soluzione apparentemente collegata, ma il fondamento della soluzione. Le vedove venivano assistite non perché esistesse un servizio sociale, ma perché in virtù di quella Parola si era fatto discernimento dell'importanza di assistere le vedove, allora se si fosse smesso di fare discernimento corretto, sapiente, nello Spirito della Parola sarebbe finita anche l'assistenza alle vedove o si sarebbe fatto in modo diverso. Il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente che bello, ma moltiplicandosi il numero dei discepoli all'inizio del brano abbiamo capito che era un problema, quindi la soluzione di un problema porta a altri problemi, l'andare avanti porta altri problemi.

– E un gran numero di sacerdoti obbediva alla fede.-

Si conclude con la fede che è il punto di esperienza del mio legame con l'esperienza del Signore.

 

Come dicevo ieri nell' omelia, io posso fidarmi di Dio? Ho qualche elemento nella mia vita che mi sono fidato di Dio? Perché se io non mi sono mai fidato di Dio non potrò mai fidarmi di nessuno e se io non mi potrò mai fidare di nessuno io non sarò in grado nonostante lo voglia di mettere qualcuno nella condizione di fidarmi di me. È terribile quando arriva un vescovo nuovo e dice:

- Com'è? - Inaffidabile.- È finita.

Questo si può pure dissanguare per la diocesi ma se è classificato inaffidabile, anche se fa una cosa buona, la farà per qualche altro motivo, si dice, non la fa per noi, forse da vescovo  per diventare cardinale niente di più.

 

Allora credo che questa mattina se vi è stato comodo ieri possiamo applicare il modello dello schema per la prima meditazione.

Cosa dice il brano in sé? Vedere per voi cosa dice il brano dell'elezione dei diaconi significa e poi cosa dice a te? In fondo questo brano racconta un processo di discernimento comunitario.

Si parte da un problema, si delega la comunità cristiana a trovare delle persone con delle caratteristiche, vengono accolte, vengono inviate in questa missione, tutto funziona anche se funziona in maniera molto realistica, i problemi aumentano, i problemi qualche volta si risolvono altre volte non si risolvono, ma ciò che più conta non è tanto il risultato ma il processo e tutto questo processo cosa dice a te che sei nel capitolo?

Poi l'ultima domanda come sempre quale sentimento suscita questo processo? Cosa suscita in me questa dinamica? Come la vivo quando ci rifletto come Parola di Dio e come la vivo quando ci rifletto come percorso esistenziale che sto vivendo dentro. Ci sono io dentro, quali emozioni, quali pensieri, quali intuizioni incomincio ad avere?

Si può sempre concludere con un dialogo con il Signore in cui si racconta un po' la sintesi del mio percorso.

 

Bene, grazie a tutti!

Quarta meditazione: Favorire una vita fraterna!

 

Preghiera iniziale

 

Testo biblico (At 2,36-47)

[Pietro disse:] «Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso».

Dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Fratelli, che dobbiamo fare?» E Pietro a loro: «Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo. Perché per voi è la promessa, per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, per quanti il Signore, nostro Dio, ne chiamerà». E con molte altre parole li scongiurava e li esortava, dicendo: «Salvatevi da questa perversa generazione». Quelli che accettarono la sua parola furono battezzati; e in quel giorno furono aggiunte a loro circa tremila persone. Ed erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli. Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le proprietà e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva al loro numero ogni giorno quelli che venivano salvati.

 

Schema per la preghiera personale

Ben ritrovati per questa ulteriore tappa del nostro percorso più spirituale di questi primi due giorni del capitolo. Per questo tempo di preghiera vi suggerisco il brano sempre preso dagli Atti degli Apostoli, il capitolo 2 versetti 36-47. È un brano famosissimo che avremo studiato tante volte predicato ancor di più e utilizzato in tante attività pastorali. Io ho semplicemente preferito allargare il brano con un versetto in più preso dalla parte precedente perché credo che ci possa aiutare a contestualizzarci meglio all'interno dell'esperienza del capitolo. Anche questo è un esercizio spirituale di discernimento comunitario. La prima comunità cristiana rappresenta non solo l'inizio cronologico ma anche l'inizio esperienziale dei credenti. Non tutto era chiaro, anzi la maggior parte delle cose non erano chiare, sappiamo poi nella storia della Chiesa quante difficoltà si incontrarono, ma intanto c'erano nella vita reale. Il criterio del discernimento spirituale personale o comunitario che sia è quello di essere agganciato alla vita reale. Se noi agganciassimo il discernimento a delle teorie sarebbe sicuramente un bel lavoro riflettere; riflessioni speculative nella teologia, nella filosofia, nella psicologia, in qualunque branca del sapere, sarebbe ricerca, ma non c'entra nulla con il discernimento. Il discernimento spirituale è un approccio spirituale a un problema oggettivo che si sceglie di affrontare secondo la logica dello Spirito, secondo un metodo che è quello di Ignazio se questo è il riferimento del discernimento spirituale, tenendo insieme i due polmoni: quello del discernimento personale e quello comunitario.

Innanzitutto questo brano inizia con una certezza.

Pietro dice - sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che  Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso.-

Inizia con una professione di fede. Allora il discernimento spirituale affonda le proprie radici nell'esperienza personale e comunitaria di fede. Se noi dall'esperienza del discernimento togliamo la dimensione personale di fede, di fiducia nel Signore diventa un'altra cosa, diventa una tecnica, non perché non sia per certi aspetti anche possibile questo, ma il problema è che perderemmo la dimensione della rilettura spirituale dell'esperienza vissuta e perderemmo i presupposti di instaurare delle scelte che vadano verso una certa direzione. Vi racconto l'esempio di un economo che non conosce bene come funziona la vita pastorale, molto esperto, preparato accademicamente, a cui non si riusciva a fargli capire che il bilancio delle parrocchie per quanto possibile è giusto che sia leggermente in attivo, che le scuole se possibile siano leggermente in attivo, ma che il bilancio delle Caritas deve essere in passivo. Una buona Caritas spende e non produce nulla e spende tutto quello che ha. Allora non è questione di non preparazione tecnica, lui era molto preparato, è questione di non applicare il discernimento spirituale partendo da un approccio di fede, quindi Caritas o qualunque altra cosa è una voce di bilancio. Allora se noi applichiamo le tecniche senza un approccio di fede è impossibile poi fare una rilettura spirituale del vissuto. Allora si parte da un approccio di fede. Ed è interessante la risposta che suscita Pietro. All'affermazione di fede di Pietro non corrispondono dei dubbi di fede - ma come è possibile che Gesù sia Risorto? Com'è possibile che Dio ami coloro che lo hanno crocifisso?- Domande di catechesi. I credenti gli chiedono - che dobbiamo fare?-

Dissero a Pietro e agli apostoli:- Fratelli che dobbiamo fare?-

In fondo il capitolo parte da questa domanda: dalla propria fede personale, della comunità locale e della comunità di tutto l'Istituto e ci si domanda che cosa dobbiamo fare.

Pietro dà alcune indicazioni, innanzitutto - ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù, per il perdono dei vostri peccati e voi riceverete il dono dello Spirito Santo. –

È ovvio che qui dobbiamo fare una rilettura sapienziale del testo, non credo che nessuno di noi debba essere battezzato.  Pietro dà alcune indicazioni; innanzitutto- ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù, per il perdono dei vostri peccati e voi riceverete il dono dello Spirito Santo. E' ovvio che qui dobbiamo fare una lettura sapienziale del testo. C'è una pedagogia teologica dietro. Innanzitutto - ravvedetevi-  cioè vediti di nuovo. È importante che man mano che andremo avanti nel capitolo, credo che sia molto utile il fatto che i ritmi di lavoro siano abbastanza blandi, che si sia riusciti a lasciarvi del tempo per pensare, bisogna pensare e pregare. Bisogna rivedervi da dove partite per esempio nel coniugare la vostra esperienza di fede personale con la vostra analisi nel capitolo, ravvedervi su quale relazione tra la vostra dimensione di fede e le ipotesi che fate per il vostro futuro.

Dopo ravvedetevi parla del perdono dei vostri peccati. Lasciamo perdere l'aspetto più dei peccati personali, ma credo che sia importante in questo contesto pensare alla riconciliazione non solo con Dio. Quanto sono riconciliato con Dio? Sapete, tutti noi siamo delle persone che devono fare i conti come tutti gli altri con ciò che noi proviamo dentro, con le nostre emozioni. Quanto io mi sento riconciliato con Dio? È importante domandarselo, perché questo determina una serie di atteggiamenti mentali, psicologici, fisici, ecclesiali che determinano le nostre scelte.  Quanto poi io mi sento riconciliato con me stesso?  Tutti noi da giovanissimi già sapevamo cosa avremmo fatto al 50° di ordinazione, poi la vita invece per fortuna nostra prende un'altra piega. Quanto io sono riconciliato con me stesso? Quanto mi voglio bene? Perché se non riesco a voler bene a me, figuriamoci se riesco a voler bene ai fratelli. Aggiungerei se ci si riesce a voler bene a Dio…

E poi - riceverete il dono della Spirito Santo.-

Ecco l'esercizio del discernimento spirituale personale e comunitario è un esercizio di continua invocazione dello Spirito Santo.

- E con molte altre parole li scongiurava e li esortava dicendo salvatevi da questa perversa generazione.-

Affermazione un po' apocalittica. Ma che cosa possiamo ricavarne? Io nel preparare queste riflessioni mi dicevo: salvatevi, salviamoci dalla perversa tentazione di vedere più nero di quanto nero non sia e salviamoci dalla sottile tentazione di vedere più luminoso di quello che realmente sia, perché queste sono le due tentazioni nel discernimento, se vi ricordate l'istruzione di ieri pomeriggio: puntare più in alto di quanto possa fare e puntare più in basso di quanto io realmente possa fare. Si tratta di comprendere alla luce dello Spirito qual è la direzione realmente fattibile, mossi non dalla paura ma mossi dalla Speranza.Sapete per muoverci, noi abbiamo bisogno di un'emozione, di un sentimento. Le due emozioni o sentimenti più probabili sono la paura e la Speranza. La paura ci tira indietro e ci ferma, la Speranza ci manda avanti e ci lancia. È una scelta di fondo. Puoi morire stando fermo perché ti cade un vaso in testa, puoi morire camminando perché ti sposti e ti cade un vaso in testa proprio dove sei arrivato. Allora non cadere in questa sottile tentazione, né in una direzione né nell'altra. Allora solo dopo ed ecco qua il brano forse più noto quelli che accettarono la sua Parola furono battezzati, interessante non coloro che si convertirono, coloro che capirono chi era il Risorto, coloro che accettarono fecero la scelta libera di accettare la parola di Pietro ed ecco qua un passaggio fondamentale del discernimento: non basta capire con la testa, prima di capire con la testa bisogna capire cosa si muove con il mio cuore, quando poi io penso devo vedere se c'è una certa corrispondenza tra ciò che si muove nel mio cuore e ciò che io penso e poi devo scegliere di accettare o non accettare, quello che si muove nella mia testa.

Il mio punto di partenza, dunque, nel discernimento è quello sociologico o è la Parola di Dio? Non significa che sia falso lo studio sociologico. Certo che è fatto bene, è fatto da professionisti, ma il punto di partenza è questo o quell'altro? Certo che una moglie, un marito si possono tradire, ma se al corso prematrimoniale la gente venisse dicendo - il mio punto di partenza è che il rischio è troppo alto di essere traditi, allora la logica conseguenza è non venire al corso e non sposarsi, perché hai ragione, la maggior parte si tradiscono, ma se quello è il punto di partenza non si vive più.

-       In quel giorno furono aggiunte a loro circa 3000 persone –

Ancora qui una volta mi piace sottolineare questo aspetto dell'aumento, lo si può vedere come aumento sociologico, aumentano le persone, ma anche aumento di problemi. Allora in un capitolo dobbiamo aver chiaro che i problemi non si risolveranno mai, perché la vita è un problema complesso. Ieri parlavo con un vescovo e mi diceva - caro Marco, che sensazione strana, risolvo un problema complicato, gioisco e dopo mezz'ora me ne arrivano due più complicati, ne risolvo due me ne arrivano quattro più complicati, è maledettamente crocifiggente questa vita - mi ha detto - è meglio non risolverli perché poi diventano peggio gli altri dopo.- Questa è la vita che nel nostro piccolo noi tutti facciamo. Allora ecco il brano famoso che tutti  conosciamo: quale può essere uno stile che ci aiuta a fare discernimento comunitario e personale? L'essere perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli. Io credo e lo dicevo il primo giorno se ricordate, non è uguale un fare un capitolo oggi e 14 anni fa, non solo per il cambio della storia, ma perché Papa Francesco con tutti i suoi limiti, con tutti i suoi pregi ha dato una svolta che è innegabile. Ascoltare l'insegnamento degli Apostoli, vivere nella comunione fraterna.Il modello della vita consacrata è il modello per eccellenza della vita fraterna ma noi sappiamo persino io che sono diocesano so, quanto è difficile la vita fraterna. Voi qui siete espressione di una vita fraterna più o meno ferita, più o meno facile, più o meno convincente a servizio della vita fraterna. Non è che dovete inventarvi un'altra vita nel capitolo generale, quello ci penserà la Santa Sede. Come io posso mettermi a servizio di questa vita fraterna che in fondo è ciò che ci accomuna tutti quanti nella scelta vocazionale? Vivere tra fratelli.  

Poi nel rompere il pane nello spezzare il pane e nelle preghiere: l'eucarestia, la preghiera personale. In questi giorni abbiamo cercato di fare questo. Vita fraterna, pensavo quanto è ammirevole che a tavola, pranzo e cena, mangiamo tutti le stesse cose. Chissà se io andassi dall'altra parte del mondo riuscirei a mangiare così facilmente. Abituati con il fuso orario, abitudini di vita personale, tutti ci si alza alla stessa ora, tutti si prega alla stessa ora, quanto sacrificio? Questa cosa vista con gli occhi esterni è apparentemente normale, ma non è ovvio nulla. Allora la celebrazione dell'eucarestia, il tempo per la preghiera personale diventano corroboranti di questa situazione.

 

- E ognuno era preso da timore –

vi auguro di essere presi da timore più si va avanti. In italiano c'è una sfumatura tra timore e paura; la paura è la paura, il timore invece è quasi un rispetto reverenziale. Noi non dobbiamo aver paura di Dio, ma dobbiamo avere timore di Dio che non sono sinonimi. Il timore è il rispetto per Dio, il riconoscere la grandezza di Dio, riconoscere la distanza che c'è tra me e Dio, quasi reverenziale, ma in senso maturo.

E - molti prodigi, segni erano fatti dagli apostoli.- Io penso che quando è stata fatta l'elezione del segretario del capitolo, si pensava che andassero diversamente le cose, io personalmente quando ho sentito i numeri pensavo diversamente. Il Signore fa prodigi, cioè fa cose strane, uno dice ma com'è possibile? Perché? Bo, non lo so, però bisogna ammetterlo: il Signore gioca cose strane! Da una parte c'è la logica umana che ci fa pensare in un certo modo e poi c'è Dio che si diverte. Come il vaso nelle mani del vasaio.

- E tutti quelli che credevano stavano insieme, avevano ogni cosa in comune, vendevano  beni e distribuivano a tutti secondo il bisogno di ciascuno –

Tutto questo un bel progetto di vita cristiana, innanzitutto, ma tipico della vita consacrata. Ma noi sappiamo che non si può prendere alla lettera così altrimenti faremmo le comunità lager. Che cosa significa oggi nel 2024 per i Cric favorire una vita fraternache tenga conto sostanzialmente di questo, con le sfumature delle diverse età, delle diverse culture, delle diverse condizioni culturali, economiche? Questa mattina parlavo con un religioso che mi diceva che aveva speso in 15 giorni 500 euro e che il Superiore si era un po' lamentato di dargli altri 500 euro e io gli ho detto se in una famiglia campassero con questi ritmi economici dovrebbe guadagnare 5000€  al mese in Italia. Se una persona per se stesso spende 500 euro ogni due settimane non è povertà. A volte ci dissociamo dalla realtà, ci distacchiamo.

 

- Ogni giorno andavano assidui, concordi al tempio a pregare rompevano il pane nelle case, prendevano il loro cibo insieme con gioia e semplicità lodando Dio e godendo del favore di tutti.- Mi sembra una bella prospettiva per il capitolo e per le delibere e per il nuovo governo.

Ogni giorno ti dice un elemento importante secondo me; la capacità di stare. L'entusiasmo è bello, ma poi dopo un po' finisce. Chi di noi è stato parroco, quando ti fanno parroco la prima volta è bellissimo. Poi devi starci però. Quando ti fanno Superiore locale penso sia bellissimo la prima volta, ma poi devi starci e così ogni servizio nella Chiesa. Ma così è anche come esser genitori, è bello quando ti nasce il primo figlio immagino, ma poi quello star lì tutti i giorni… Neanche quando diventa adulto se ne va. Allora essere assidui con costanza, continuare a vivere intorno all'eucarestia ed è bella questa cosa delle case. Rompevano pane nelle case e prendevano il cibo insieme agli altri. Il chiuderci ci porta alla morte. Chiuderci come persona nella comunità, chiuderci come comunità nella diocesi, chiuderci come comunità nell'Istituto religioso. Il chiuderci ci soffoca sempre. Credo che possa essere un criterio interessante, quello del vedere nel discernimento come essere aperti, perché se io ho chiaro chi sono, non temo il confronto, se io non ho chiaro chi sono, mi chiudo perchè almeno sono sicuro di vivere come dico io, ma se il tuo carisma non lo capisce più nessuno non serve più, perché il carisma è un dono che il Signore fa a qualcuno per qualcun'altro. Se non lo fai più per qualcun altro ma lo fai per te, finché duri e poi dopo finisce.

 

- Il Signore aggiungeva loro numero ogni giorno di quelli che venivano salvati -.

In fondo il Signore sempre ci dona. Io credo che se noi entriamo nella logica veramente profonda, non radicale nel senso di rigidità, ma essenziale del Vangelo, il di più e l'essenziale ce lo dona il Signore. È solo metterci con una rete fatta con dei buchi di dimensioni proporzionate ai pesci che ci stanno. Se ci sono pesci piccoli e io metto delle reti larghe i pesci entrano e escono e non prenderò niente.

Allora anche per questo tempo di preghiera vi suggerisco se vi è comodo di riprendere questo schema, se vi è comodo, che cosa dice il brano in sé… Cosa dice a te? Quali di questi passaggi ti toccano? Non è importante che ti tocchino perché ti piacciono, può darsi anche ti tocchino perché ti hanno disturbato, tutto è dono, anche ciò che ci disturba ci fa riprendere consapevolezza.

Poi quale sentimento ti suscita questo brano? E questa è la parte più difficile perché io devo mettermi in silenzio ad ascoltare quello che si muove nel cuore. Ignazio chiama movimenti di consolazione piacevoli e movimenti di desolazione che mi fanno soffrire. Che cosa si muove dentro di me all'idea di prendere questa forma sempre più evangelica?

Credo che possa essere un quarto tempo di preghiera in linea con il resto.

 

Grazie a tutti!